
Luciano Luzzi il fotografo che ha raccontato la dolce vita riciconese
Riccione piange un grande testimone della sua storia, dei momenti più spensierati e gioiosi. Si tratta del fotografo e pittore, nonché commediografo, regista e attore di teatro dialettale, Luciano Luzzi, morto ieri a 91 anni. Con il suo obiettivo, tanta discrezione e gentilezza, ma soprattutto con l’immancabile sorriso sulle labbra, ha immortalato decine di celebrità che negli anni d’oro hanno animato serate da sogno tra il mitico Dancing Vallechiara e il Caffè concerto Metropol in viale Ceccarini, diventando così un prezioso testimonie di Riccione, città che ha amato con tutto il suo cuore.
La sua avventura professionale cominciò nel 1951, a soli 17 anni quando a Urbino, dove frequentava la Scuola del libro, passando davanti al negozio di un fotografo vide un cartello con su scritto: cercasi aiutante. Luzzi allora a digiuno di fotografia, ma comunque bravo a disegnare, si offrì a ritoccare le lastre delle foto. Si appassionò tanto al suo lavoro che sei mesi il suo titolare gli affidò i servizi matrimoniali. Tornato a casa nel 1958 aprì uno studio a Morciano, dov’era nato, e un altro in viale Virgilio a Riccione, dove intanto si erano trasferita la famiglia. Cominciò quindi a lavorare soprattutto al Vallechiara, dove sono passati tutti i cantanti dell’epoca, immortalando personaggi del calibro di Mina, Vanoni, Rita Pavone, Berté e Mia Martini, ma anche Tony Renis, Neil Sadaka, Charles Aznavour, Modugno e Massimo Ranieri, solo per citarne alcuni.
Tra i suoi scatti più iconici quello fatto a Gianni Morandi con i calzoni corti nel 1959, quando aveva solo 14 anni, si era esibito per tre/quattro sere al caffè dove oggi c’è la gelateria Adler. Poi le foto scattate a Renato Zero con i suoi estrosi costumi, Nilla Pizzi, che d’estate rimaneva a Riccione due tre settimane e ancora Baudo, Reitano, la Mondaini, I Vianella e Claudio Villa, che faceva sempre il pienone. Una lunga carriera che nel 2006 con la morte della moglie Silvana Giusti e l’avvento del digitale ha subito una grande svolta. Al posto dello studio fotografico Luzzi aprì una galleria con i suoi quadri firmati Izzul, in mostra anche all’estero, finché nel 2010 chiuse tutto, continuando comunque a dipingere e a fare teatro, sempre con finalità benefiche. Si è dedicato a questo fino all’arrivo della pandemia. Ha cercato poi di riprendere in mano i copioni, finché la salute non gliel’ha più consentito. "Luzzi ci ha insegnato il valore della leggerezza e come si possa amare profondamente Riccione attraverso il proprio lavoro e la passione per l’arte e il dialetto. Un esempio di stile, misura e simpatia", scrivono gli amici di Famija Arciusa, con i quali il fotografo aveva collaborato, disegnando decine di vignette per l’omonimo periodico. Centinaia i messaggi di cordoglio giunti alla famiglia tramite social.
Nives Concolino