Il turismo all’università. Rinaldis sale in cattedra: "I corsi solo in inglese penalizzano la Riviera"

L’ipotesi che l’ateneo abolisca il percorso in lingua italiana preoccupa la presidente degli albergatori: "Così si corre il rischio di favorire ragazzi di altri Paesi che dopo gli studi non restano a lavorare qui".

Il turismo all’università. Rinaldis sale in cattedra: "I corsi solo in inglese penalizzano la Riviera"

Il turismo all’università. Rinaldis sale in cattedra: "I corsi solo in inglese penalizzano la Riviera"

di Mario Gradara

"Siamo preoccupati. Perché da anni continuiamo a dirci che la formazione scolastica deve avvicinarsi il più possibile al mondo delle imprese, invece il rischio concreto è che si vada nella direzione opposta". A prendere parola è la presidente dell’Associazione albergatori di Rimini, Patrizia Rinaldis.

A cosa si riferisce?

"A quanto ho appreso nello scorse settimane riguardo all’università, campus di Rimini".

Spieghi.

"Si sta delineando la possibilità concreta che, a partire dal prossimo anno accademico, il dipartimento di Scienze economiche decida che il corso universitario con laurea triennale in Economia del turismo si svolga esclusivamente in lingua inglese, rinunciando alla presenza in parallelo del corso anche in lingua italiana".

Si potrebbe dire che è giusto, l’inglese è la lingua internazionale, e non c’è niente di più sovranazionale del turismo. O no?

"Certamente, è così, come operatori del Riminese, da sempre terra vocata al turismo nazionale ed estero, ne siamo perfettamente consapevoli. Chi lavora nel turismo deve saper parlare inglese, e anche altre lingue".

C’è un ‘ma’?

"Grande come una casa. Intanto tengo a ricordare che Economia del turismo è un corso storico del campus di Rimini, per ottenere il quale ci siamo battuti in passato. Motivo d’orgoglio del nostro territorio. Io stessa ho frequentato quello che all’epoca era biennale".

Ma?

"Non nascondiamoci dietro a un dito. Sappiamo bene che il livello di preparazione linguistica degli studenti che escono dalle superiori è a dir poco limitato. Vuol dire che in futuro al corso universitario accederanno sempre meno italiani. E sempre più stranieri".

Un problema?

"Sì. Anzitutto, una questione di principio. L’università si sostiene con i finanziamenti pubblici, e quindi tagliare fuori coloro che la finanziano dai suoi corsi, i contribuenti italiani, non mi pare una grande trovata. Ma soprattutto i ragazzi stranieri in gran parte, dopo gli studi, torneranno in patria o sceglieranno di lavorare all’estero. O altrove. Non resteranno insomma, salvo eccezioni, sul territorio. Succede già. E tra l’altro molti tra questi non parla granché, a sua volta, l’italiano. Quindi il cerchio non si chiude".

Considerando il fatto che il ministero dell’Istruzione non consente di svolgere corsi ‘misti’, lei cosa chiede?

"La decisione definitiva riguardo l’effettuazione del corso solo in inglese la dovrà prendere, entro il 29 febbraio, il dipartimento di Scienze economiche dell’università di Bologna. L’auspicio è che ci si ripensi e si mantenga anche il corso in lingua italiana. Non solo".

Dica.

"Credo sarebbe anche opportuno investire sulla formazione linguistica rispetto all’italiano degli universitari stranieri. Ma soprattutto, visto che Rimini è il distretto turistico più importante d’Italia, e il turismo è un punto di forza del Pil nazionale, perché non creare da noi un dipartimento dedicato esclusivamente al turismo, dove si formino i manager su temi quali management, marketing e hospitality?".