Intelligenza artificiale: "È come se fosse un’auto, alla guida servono le persone"

Il professor Francesco Ubertini protagonista questa mattina di un dibattito al Campus. Si discuterà su nuove opportunità e sfide per istituzioni pubbliche e imprese.

Intelligenza artificiale: "È come se fosse un’auto, alla guida servono le persone"

Intelligenza artificiale: "È come se fosse un’auto, alla guida servono le persone"

Persino Papa Francesco, nel bollettino diffuso ieri dalla sala stampa della Santa Sede, si è soffermato a lungo sulle ‘sfide tecniche ed etiche’ poste dall’intelligenza artificiale. Già, perché i sistemi di intelligenza artificiale sono parte integrante della quotidianità e lo saranno sempre di più in futuro: delle sfide aperte per cittadini, imprese e istituzioni, si parlerà all’evento "Come l’intelligenza artificiale cambierà la nostra vita", in programma oggi, alle 9.15, nell’Aula magna del Campus universitario di Rimini (via Angherà 22). All’iniziativa (alla quale sarà presente anche la presidente dell’Assemblea legislativa Emilia-Romagna, Emma Petitti, foto in basso), parteciperà, fra gli altri, il professor Francesco Ubertini, docente di Scienza delle costruzioni, già rettore dell’Alma Mater e attuale presidente del Cineca, consorzio interuniversitario ritenuto fra i centri di calcolo più importanti a livello mondiale.

Professor Ubertini, qual è il potenziale della diffusione su larga scala dell’intelligenza artificiale nella nostra regione, ormai soprannominata ‘data valley’?

"Un potenziale infinito, come infinite sono le possibili applicazioni di questa nuova tecnologia. Ancor di più se pensiamo che qui l’infrastruttura di supercalcolo, su cui poggia l’intelligenza artificiale, è pubblica, non appannaggio di pochi privati, come accade ovunque al di fuori dell’Europa".

È un valore aggiunto?

"L’intelligenza artificiale è come un’auto: l’infrastruttura di supercalcolo è il motore, i dati sono la benzina e la guida sono le persone, con le loro competenze. Se l’infrastruttura è pubblica, possono avervi accesso sia università e centri di ricerca, sia le imprese. Se fosse privata, le barriere all’entrata sarebbero così elevate – il nostro supercomputer Leonardo è uno dei cinque più potenti al mondo ed è estremamente costoso – che le attività di ricerca e sviluppo nel settore sarebbero, di fatto, impossibili. O concentrate nelle mani di pochi".

Conta avere una visione lungimirante?

"L’Ue – seguita dall’Italia e, in particolare, dalla nostra regione – ha intuito da tempo la portata rivoluzionaria di questa innovazione, su cui sono state investite risorse e competenze: l’investimento si tradurrà – anzi, si sta già traducendo - in maggior produttività, attrattività di giovani talenti e rilevanza internazionale per tutto il territorio".

Eppure, ogni giorno sentiamo parlare dei rischi che questi strumenti comportano.

"Le parole chiave sono due: consapevolezza e formazione. Non significa che dobbiamo diventare tutti ingegneri o informatici, ma essere in grado di manipolare queste tecnologie senza subirle".

Maddalena De Franchis