Nuova inchiesta sulla Uno bianca: "Molti sono i punti che non tornano"

Parla il carabinere Vito Tocci, coinvolto in un agguato della banda nei pressi di un cavalcavia a Marebello .

Nuova inchiesta sulla Uno bianca: "Molti sono i punti che non tornano"

Nuova inchiesta sulla Uno bianca: "Molti sono i punti che non tornano"

"La ritengo una vittoria per tutti i familiari delle vittime. Quella della Uno bianca è una vicenda dai contorni ancora troppo oscuri. Fare luce è un atto dovuto per rendere giustizia a coloro che, anche giovanissimi, hanno perso la vita per mano dei Savi e per chi, ancora oggi, paga un duro prezzo le loro azioni". Con queste parole, il carabiniere in congedo Vito Tocci commenta la notizia dell’avvio di una nuova inchiesta sulla scia di sangue e morte sparsa, tra il 1987 e il 1994, dalla banda composta dai tre fratelli Savi (Roberto, Fabio e Alberto), Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta, e Luca Vallicelli. Concorso in omicidio volontario: questo il reato ipotizzato dalla Procura di Bologna – procuratore capo Giuseppe Amato e aggiunto Lucia Russo – che ha aperto un fascicolo a carico di ignoti, a seguito di un esposto redatto dagli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser e depositato dai parenti delle vittime. Tra coloro che riuscirono a scampare all’assalto della banda, c’è anche Tocci, all’epoca capo della pattuglia della stazione dei carabinieri di Rimini-Miramare: il 30 aprile del 1991 fu coinvolto in un agguato nei pressi di un cavalcavia a Marebello. Fu raggiunto da sette colpi di fucile calibro 2, quattro dei quali ancora oggi piantati nella sua schiena. Un blitz dalla dinamica simile a quella della strage del Pilastro. Oggi l’ex carabiniere vive in Abruzzo, anche se di tanto in tanto capita ancora a Rimini per incontrare vecchi amici. "Per il rotto della cuffia riuscii a salvare me e il resto dell’equipaggio da quell’inferno di fuoco - racconta l’ex militare dell’Arma -. Le ferite del corpo si sono in parte rimarginate, ma quelle delle mente non se ne andranno mai, e continuano a tormentarmi anche a distanza di anni. Ogni mattina, al risveglio, rivedo l’immagine di quegli assassini con in mano il fucile. Ho sofferto e continuo a soffrire di crisi d’ansia, senza considerare i problemi di salute dovuti ad una possibile intossicazione da piombo". "Per questo motivo - aggiunge Tocci - ho appresso con piacere la notizia di un nuovo filone di indagine sui crimini della Uno bianca. Troppo a lungo la banda ha agito quasi indisturbata, compiendo rapine ed omicidi: impossibile che non sia mai stata intercettata nonostante tutti i controlli. Ritengo plausibile che le azioni dei malviventi siano state in qualche modo coperte, difficile dire da chi. Quella della Uno bianca è una storia di misteri, depistaggi, particolari inquietanti che dovrebbero invitarci a riflettere. Molti sono i punti che non tornano e che ci spingono a domandarci se ci fossero le condizioni per fermare i Savi prima del 1994. E’ un bene che la Procura torni a scavare su una storia che presenta ancora tante, troppe ombre". "Lo dobbiamo a chi non è più tornato a casa - conclude Tocci - e alle molte famiglie la cui esistenza è stata stravolta per sempre. Per questo voglio dire ai magistrati di andare avanti. Poco importa che alcuni reati risultino prescritti: solo andando avanti con questo di lavoro di ricerca sarà possibile rendere giustizia alle vittime".

Lorenzo Muccioli