Ha chiamato in causa anche il Sommo Poeta per muovere le sue contestazioni indirizzate al Comune e a un progetto per la realizzazione di un impianto di telefonia mobile. Lui, un misanese di 55 anni, aveva fatto ricorso alle parole di Dante Alighieri, parlando di "botoli ringhiosi" per criticare l’amministrazione comunale di Misano: la stessa locuzione che l’autore della Divina Commedia utilizza nel canto XIV del Purgatorio per riferirsi agli aretini. L’autore di quel commento, pubblicato su un gruppo Facebook, si è sempre difeso sostenendo di aver esercitato il diritto di critica. A seguito dell’azione legale intentata dall’amministrazione comunale di Misano e dal sindaco Fabrizio Piccioni, nei confronti dell’uomo era stato emesso un decreto penale di condanna per diffamazione aggravata a sei mesi di carcere (convertito in una pena pecuniaria di 6.750 euro).
Il legale dell’uomo ha però presentato opposizione e così ieri mattina, nella prima udienza, il giudice monocratico di Rimini lo ha assolto con formula piena da ogni accusa, accogliendo l’eccezione sollevata dall’avvocato Stefano Caroli secondo il quale il fatto non costituisce reato. La vicenda ruotava attorno a un palo per l’installazione di una antenna 5G a Misano Monte. Quel palo aveva fatto storcere il naso a più di un misanese. Diversi quelli che si erano fiondati sui social esternando commenti poco lusinghieri nei confronti dell’impianto e dell’amministrazione comunale. Tre di loro erano stati denunciati dal sindaco Fabrizio Piccioni per le "gravissime offese rivolte all’amministrazione". Quei messaggi postati su Facebook, secondo la giunta "esulavano dal libero esercizio del diritto di critica politica", non presupponendo "un contenuto di veridicità". Terreno dello scontro era statto il gruppo Facebook ‘Segnalazioni Misano Adriatico & oltre’, dove nel 2022 era comparso un messaggio del 55enne in cui si faceva riferimento all’antenna. "L’ennesimo sfregio perpetrato in quel di Misano Monte - era scritto nel post - un grazie all’amministrazione per lo scempio". Il messaggio aveva innescato una discussione alla quale avevano preso parte anche altri utenti con frasi dai toni accesi: "Si sentono onnipotenti e fanno quello che vogliono senza chiedere il permesso a nessuno". Nel dibattito si erano inseriti anche alcuni membri della giunta, suggerendo di abbassare i toni e ricordando come "la responsabilità diretta dei luoghi dove le compagnie decidono di installare i dispositivi non ricade sull’amministrazione comunale". Decisamente molto pesanti, invece, i termini e le illazioni sulla liceità del comportamento della giunta usati dagli altri due co-indagati di cui al momento, però, non si conosce la fine del cammino giudiziario.