La ’narrazione’ del protiro . Una storia sacra incisa in pietra sulla ’Rivelazione del divino’

Visitazione, Adorazione dei pastori, presentazione al tempio, Fuga in Egitto e Battesimo. Così i fedeli vengono accompagnati alla scoperta della facciata. Gli studi di Settis e Marchi.

La ’narrazione’ del protiro . Una storia sacra incisa in pietra sulla ’Rivelazione del divino’

La ’narrazione’ del protiro . Una storia sacra incisa in pietra sulla ’Rivelazione del divino’

Si fondava su un’affermazione di Victor Hugo, risalente al 1832, l’idea errata che le decorazioni medievali, poste sullo spazio esterno di una chiesa o di una cattedrale, fossero paragonabili "da vicino alla nostra libertà di stampa". Il corredo dei prospetti – portali, protiri, capitelli, bassorilievi, con le loro raffigurazioni mostruose, piante, fiori, leoni, uomini talvolta buffi, talvolta brutti, animali ecc. – sarebbe stato il luogo in cui l’artista poteva, finalmente, sfogare le sue pulsioni, divergere dal dettame religioso, giocare di fantasia. Nulla di più sbagliato.

La libertà di un artista si esprimeva, semmai, in varianti espressive e stilistiche: nello strumento, insomma, e nell’uso dello strumento; non nel significato. Nell’arte, quindi, e non nel suo scopo. Così, nell’ambito delle celebrazioni e delle pubblicazioni che riguardano la riapertura (parziale) della cattedrale di Ferrara, ci è sembrato giusto riportare alla luce quello che, ancora oggi, non è fruibile, per questioni di conservazione: la porzione centrale della facciata della Cattedrale, in particolare la prima parte del protiro eseguita intorno al 1135. Per farlo, ci serviamo di due volumi: l’Iconografia dell’Arte Italiana di Salvatore Settis (Einaudi, 2005) e la tesi di dottorato di Marta Boscolo Marchi, confluita nel libro La cattedrale di Ferrara in età medievale (L’Erma, 2016).

Il primo di questi autori, una volta citato Hugo, chiama in causa il vescovo di Cremona Sicardo (ca. 1155-1215) che nel suo trattato, il ‘Mitralis’, spiega come le sculture delle cattedrali siano, nei fatti, "litterae laicorum", ovvero il testo sacro per il popolo analfabeta, che veniva così invitato a passare dal mondo contingente a quello divino: dalle case in legno alle chiese in pietra. "Già accostandosi alla chiesa – scrive Settis – il fedele deve cogliere immediatamente il salto fra il mondo e lo spazio sacro". Questo accade anche nel protiro della facciata della cattedrale ferrarese, i cui elementi concorrono a fornire un programma articolato con un unico significato: il progressivo percorso dal peccato alla redenzione, che avviene attraverso la rivelazione della Divinità. Ecco allora che, in basso, siedono due leoni – possibile simbolo del demonio –, sormontati da due telamoni, a sorreggere la struttura, ricordando il titano greco Atlante. Quindi, nell’incedere verso l’ingresso, il fedele si trova a dover varcare gli stipiti, sui quali "sono incastrate le figure dei profeti maggiori", afferma Marta Boscolo Marchi: a sinistra, Geremia e Daniele; a destra, Isaia ed Ezechiele. Dalle loro mani, si srotolano quelli che Settis definisce "cartigli-fumetti": non recano, infatti, citazioni bibliche, ma "un sermone, falsamente attribuito a Sant’Agostino, che nel Medioevo era spesso recitato, in forma "drammatizzata", come sesta lezione dell’Ufficio di Natale".

In sostanza, a Ferrara si incide su pietra un episodio (rappresentato in chiesa o nelle zone adiacenti), proprio del teatro sacro, che il popolo conosceva bene. Tale ulteriore elemento di familiarità, empatico, calamita l’uomo in un climax culminante nel cartiglio di Ezechiele, che recita "Vidi portam in domo Domini clausam": è questo un riferimento alla chiusura della porta del Paradiso per i personaggi dell’Antico Testamento, ma soprattutto un collegamento tra la porta del Paradiso stessa e la domus Domini, la Porta del Signore, sineddoche che indica la Cattedrale. La narrazione del protiro prosegue con le scene sulle arcatelle dell’architrave, che secondo Settis sono i "momenti in cui la divinità viene rivelata": la Visitazione, l’Adorazione dei pastori, quella dei Magi, la Presentazione al tempio, la Fuga in Egitto e il Battesimo.

L’Annunciazione, invece, è divisa in due parti e si trova sulla strombatura del portale, con Maria a destra e l’angelo a sinistra: in questo modo, la rivelazione divina per eccellenza contiene le altre rivelazioni e invita il fedele a scoprire la Divinità da sé, accedendo alla chiesa. Infine, un senso ancora più visionario si espleta sulla lunetta al di sopra dell’architrave, scolpita da Nicholaus, con la canonica immagine di san Giorgio che trafigge e sconfigge il drago, cioè il peccato. Mutatis mutandis, il santo qui è già un cavaliere ariostesco, sostanziato nella pietra con una forza tutta umana e carnale: infervorato nello spirito a guardia della realtà, in uno slancio plastico senza tempo, san Giorgio interrompe la rivelazione divina al suo apice e ricorda al fedele che la guerra al male si svolge, prima di tutto, nella vita.