Monsignor Zanella: "Abbiamo lavorato sulle ossa dell’edificio. Vi mostrerò la storia"

Tutta l’emozione del responsabile dell’ufficio tecnico della Diocesi "La città guadagna tantissimo da questa incredibile scoperta. Abbiamo riportato alla luce le parti originali dell’età romanica".

Lo chiama il "momento wow", monsignor Stefano Zanella. Quello che un ingegnere certosino come lui sogna per tutta una vita. "Quando – racconta ancora con grande emozione il responsabile dell’ufficio tecnico-amministrativo della Diocesi – vidi il primo capitello, quello del Grifone, con quella pietra nera all’interno della sua iride, trasecolai. Chiesi al restauratore se potessi toccarlo. Fu un qualcosa di incredibile e gli risposi che in quell’esatto momento stavo toccando la storia". La storia della Cattedrale, della sua origine romanica, dei suoi colori, delle sue distruzioni e delle sue immediate rinascite.

Monsignor Zanella, possiamo cominciare l’intervista o è rimasto con la testa a quell’incredibile scoperta?

"Non si può descrivere, mi creda...".

Partiamo dall’inizio...

"Venti maggio 2012, il vescovo era Rabitti, le 7.30, la Cattedrale fu il primo edificio in cui entrai dopo le scosse di terremoto. Era domenica, volevo verificare i danni. La struttura, allo sguardo, aveva retto il colpo, trovai alcuni calcinacci, soprattutto nel presbiterio. Lì iniziò la mia avventura".

Ovvero?

"Un approfondito studio che ci ha condotto fino alle ossa della struttura. Iniziammo i rilievi con il drone e con il laser scanner. Il danno più evidente era sulla facciata, nelle lanterne sopra la parte centrale dove c’è il protiro".

Quello fu il primo intervento?

"Esatto. La Regione stanziò 7,7 milioni esclusivamente per il recupero della Cattedrale. Decidemmo di intervenire a stralci".

E tra gli stralci, ecco l’interno.

"Le problematiche maggiori erano i pilastri. Mentre stavamo indagando sul cosiddetto pilastro pilota, arrivammo a capire che la Cattedrale, nel 2018, non era sicura e andava chiusa. Il compianto ingegner Giuliano Mezzadri mi disse che la struttura in quel momento era come quella di un capannone industriale, cioè si poteva entrare ma non sostare all’interno".

Dunque dal 2012 al 2018 la Cattedrale è rimasta aperta ma non era sicura?

"Lo domandai allo stesso strutturista Mezzadri, mi rispose di non preoccuparmi e che il problema era dovuto alle nostre conoscenze dell’epoca, imperfette".

Così lei firmò la chiusura?

"Prima però voleva avere in mano il progetto con l’intervento da fare. Si mossero tutti gli enti preposti e iniziammo insieme a lavorare. Di mezzo ci si mise pure il Covid...".

In cosa consistette lo studio?

"Abbiamo spogliato i pilastri da cima a fondo, alcuni demoliti e ridisegnati, altri mantenuti. Durante quella fase, interrogando la loro base, è emerso che il tutto iniziava ben un metro e mezzo al di sotto del pavimento attuale. Poi l’altra grande sorpresa".

Sta creando la suspense...

"Tra il pavimento attuale e quello originale, c’era terra buona, non di riporto con calcinacci e resti vari. Il che voleva dire che l’allora vescovo aveva disponibilità economica per la costruzione della Cattedrale. In quel momento stava tornando alla luce la bellezza della struttura romanica, tra il 1100 e il 1200".

Che si traduce in?

"Basamenti originali e quelli che abbiamo definito i tesori ritrovati, cioè i capitelli, ognuno con immagini e forme che rivediamo sulla facciata. Manufatti in un buono stato che ci hanno fatto gridare alla sorpresa. Oggi possiamo vedere sopra la forma settecentesca dei decori e, sotto, la vecchia Cattedrale del 1100 (la prima pietra nel 1135) che mette in mostra mattoni a vista con capitelli colorati di oro, verde acceso e cancella quell’idea di un Medioevo cupo e grigio".

Ciò sarà visibile ai fedeli?

"All’occhio non esperto è difficile perché gli interventi, ripeto, sono stati fatti nelle ossa. Quando si entrerà, ad occhio nudo si vedranno ancora le reti e il cantiere che andrà avanti fino a settembre, ma questa volta con la Cattedrale aperta".

La nostra città quanto guadagna da questa scoperta?

"Dal punto di vista artistico e della storia, tantissimo. All’epoca Ferrara era città europea, città di grande cultura e di arte e la Cattedrale è l’esempio".

I lavori, come anticipava, non sono finiti giusto?

"La struttura è fragile, ha resistito a due terremoti, a ristrutturazioni, al cambiamento climatico e ha bisogno di altri interventi. L’edificio è composto da pietre vive che, come i suoi monumenti, parlano e ci mostrano tanta sofferenza".

Il ’maquillage’ quanto è costato e quanto costerà?

"Al momento sono stati spesi 3 milioni tra interno e lanterne. Alla fine per l’interno, curato da noi, serviranno 7,7 milioni, per l’esterno e per il campanile, lavoro che curerà il Comune, ne serviranno altrettanti. Ma non mi chieda però la data di ultimazione perché serviranno tanti anni ancora".

C’è mai stato un momento dove si è detto ’non ce la facciamo’?

"Ho un difetto, sono un ingegnere e quando quest’ultimo si mette in testa un qualcosa, lo fa. Ho avuto tanti dubbi sul tempo ma mai sulla riuscita".

Oltre al "momento wow" del grifone, ce n’è stato un altro lo so...

"Mostrai il cantiere a un esperto di arte e architettura, il quale lavorò per i Musei Vaticani. All’uscita mi disse: caro don Zanella, il suo personale patrimonio andrebbe tutelato. Quella frase mi rese orgoglioso e ora sono pronto a mostrare a tutti la storia".