Ascoli, 28 ottobre 2012 - E’ UN FIUME IN PIENA Nicodemo Gentile il giorno dopo la sentenza. L’avvocato di Parolisi annuncia l’appello ed è pronto a proseguire la battaglia legale.
Una sentenza prevista?
«Noi dal 12 marzo abbiamo rispettato la consegna del silenzio data dal giudice che aveva invitato le parti ad avere un atteggiamento discreto. Abbiamo fatto un passo indietro per far sì che il processo si celebrasse in aula e non abbiamo fatto esternazioni. Ma questo è un processo altamente indiziario, come lo ha definito il giudice stesso. E la decisione è condizionata da una semplice parola, da un piccolo elemento che può far pendere il verdetto da una parte o dall’altra. Questa condanna viene data ai processi di mafia o ai casi di terrorismo internazionale».
Condanna troppo «severa»?
«Tanti altri casi di omicidio in Italia si sono chiusi con sentenze più umane anche a fronte di delitti efferati come quello di via Pome per citarne uno. E questo la dice lunga».
Cosa non la convince?
«L’unica cosa da cambiare è il fatto che abbiamo ragionato con una persona che probabilmente aveva già un forte convinvimento sul caso».
Ci spieghi meglio.
«Il giudice Tommolini aveva detto che in questo caso la prova scientifica era fondamentale per illuminare tutte le altre prove. E la prova scientifica non c’è stata».
Ma il giudice non ha avuto tentennamenti e la sentenza condanna Parolisi al massimo della pena consentita?
«Il fatto che il giudice è riuscita a leggere la sentenza senza accorgersi che l’imputato non era in aula la dice lunga sul suo stato emotivo. Un giudice deve essere sereno quando condanna per il furto di uno scooter o per un omicidio».
Ripartirete con l’appello?
«Aspettiamo i 90 giorni per la deposizione delle motivazioni. Poi in base a come il giudice spiegherà i suoi convincimenti agiremo».
Che tempi prevede per questa nuova fase processuale?
«Tra un anno potremmo essere di nuovo in aula a L’Aquila a discutere il ricorso».
E dopo?
«Poi c’è ancora il terzo grado di giudizio, quello della Cassazione».
Fino a quel momento Salvatore non è ancora un condannato all’ergastolo in maniera definitiva?
«Ovviamente la corte d’Appello potrebbe ribaltare la sentenza di primo grado come invece accettarla. E’ tutto possibile».
Lei è fiducioso?
«Oggi sono amareggiato da come sono andate le cose. L’ora della morte non era certa. Così come l’esame del dna».
Cosa l’amareggia di più?
«Il fatto che Parolisi non potrà più dimostrare la sua innocenza perchè alcuni referti sono stati distrutti dai Ris. Non ci sono più larve, non c’è più contenuto gastrico. Ma non solo: c’è un altro fatto molto grave. C’era un fascicolo aperto per omicidio a carico dei macedoni prima di iscrivere Parolisi nel registro degli indagati e di questo nessuno di noi sapeva niente. E anche in questo caso non sono stati fatti accertamenti sui pneumatici dell’auto e sul loro abbigliamento nei tempi giusti».
Quindi da cosa ripartirete?
«E’ un’indagine che ha avuto dei vuoti. Ad esempio il fatto che non si sia mai trovato il telefonista. Ma soprattutto siamo amareggiati dal fatto che il giudice ha disatteso i consulenti che aveva nominato lei. E’ un processo che sotto il profilo tecnico meritava un approfondimento diverso. Non ha valorizzato, a nostro avviso, tutta una serie di inidizi a favore. Come l’impronta di scarpa insaguinata vicino al chiosco, le tracce di penumatico, il capello di 22 centimetri trovato sul corpo di Melania. Poi il fatto che nell’auto di Salvatore, che lui ha consegnato subito il 18 aprile, non è stato trovato assolutamente nulla: nè sangue, nè terriccio. Infine siamo molto curiosi di sapere come e quando Salvatore torna a Ripe per fare il vilipendio del cadavere di Melania»
che sta lavorando e che presto ritornerà". 

di NATALIA ENCOLPIO

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