Milano Marittima (Ravenna), 25 luglio 2012 - IL MOVENTE principale, secondo amici e conoscenti di Sandra Lunardini, era della gelosia. Saleri non si era rassegnato alla fine della loro relazione. C’erano però anche tensioni sul piano economico: l’uomo era il proprietario del locale in cui la Lunardini aveva la sua attività di parrucchiera. Ed è questa, piuttosto, l’ipotesi accreditata dai carabinieri. Contro i quali, però, si scaglia la sorella della parrucchiera, Roberta Lunardini.

«AVEVAMO già denunciato tre anni fa quell’uomo — racconta —, dopo che avevo difeso mia sorella da una delle tante aggressioni cui era soggetta. Lunedì sera mio nipote, il figlio di Sandra, mi ha detto che Saleri gli aveva detto che si sarebbe suicidato, lasciandogli tutto in eredità. Ci siamo impauriti, anche per le eventuali conseguenze a mia sorella. Ho chiamato i carabinieri e mi sono sentita rispondere che forse stavamo esagerando e che telefonavamo troppe volte. A questo punto non finisce qui, qualcuno dovrà risponderne di quanto successo».

L’Arma, col comandante provinciale Guido De Masi, smentisce questa versione. Il piantone della caserma di Milano Marittima avrebbe risposto dicendo «cosa dobbiamo fare, mandiamo un medico, il 118?». Roberta Lunardini lavora nel vicino negozio Julian, quello che smascherò il tentativo di corruzione di un funzionario dell’agenzia delle entrate. «Tutti eravamo in tensione, sapevamo che prima o poi sarebbe successo qualcosa di grave. Quell’uomo aveva minacciato con la pistola anche altre negozianti». «Nessuno è riuscito a proteggere questa donna — accusa Paolo, il compagno di Roberta —. Altro che lite tra amanti, si capiva che sarebbe successo qualcosa di serio, anche se ci sforzavamo di essere ottimisti. Tutti lo pensavamo: interverranno quando sarà troppo tardi. Recentemente lui aveva minacciato di morte anche la madre di Sandra».

Eppure non era ancora stato emesso nessun provvedimento restrittivo contro il 61enne. Racconta Enzo, amico della famiglia e titolare del chiosco di piadine: «Girava con le pistole persino in spiaggia, le teneva sotto il costume. Mi domando come potesse farlo, visto che il porto d’armi glielo avevano tolto anni fa. Dicevamo: ma chi è, Rambo? Poi, quando arrivava in negozio, stava lì davanti a Sandra e la fissava. Come campava? Di rendita, non faceva nulla. Prendeva dei soldi dalla famiglia purché stesse lontano dall’azienda di Brescia».

TRA GLI AMICI della parrucchiera monta un sentimento di rabbia. E per le strade di Milano Marittima la tensione è palpabile. «Andate ovunque e vi diranno chi era quell’uomo, un pazzo psicopatico», dicono nel negozio di abbigliamento attiguo al salone diventato teatro di morte. Qui spesso la parrucchiera parlava con le commesse confidando le proprie paure.

Lorenzo Priviato

  

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