
Gli automobilisti erano ben contenti di fare il pieno in una delle tante pompe bianche sparse per l’Italia ad un prezzo più basso rispetto alla media. Non potevano immaginare nemmeno lontanamente che quello che mettevano nel serbatoio delle loro macchine era però diesel ‘truccato’. Più economico, certamente, ma anche più inquinante e capace di produrre danni incalcolabili al motore delle auto. Ad ottenerlo e commercializzarlo era una vera e propria organizzazione criminale con base a Rimini e ramificazioni in tutta le Penisola. Miscelando kerosene con un 20% di gasolio e un 10% di olio rigenerato. Il kerosene proveniva da un oleodotto di una base Nato in Belgio, da dove era stato rubato da specialisti dei furti su commissione nel 2019. L’organizzazione era riuscita ad importarne in Italia circa 900mila litri spacciandolo per bitume destinato a delle aziende greche e riuscendo in questo modo ad aggirare i controlli. Una volta passata la frontiera, le autocisterne cariche di kerosene raggiungevano un deposito con sede ad Aprilia (in provincia di Latina), dove il carburante veniva trattato e infine smistato nelle stazioni di servizio attraverso una società di distribuzione perfettamente in regola.
A mettere fine alla truffa ci hanno pensato i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dal sostituto procuratore Giulia Bradadini. Sono 46 le persone iscritte nel registro degli indagati nell’ambito dell’operazione "Steal Oil", condotta dai finanzieri del nucleo di polizia economico - finanziaria, guidati dal tenente colonnello Roberto Russo: nei loro confronti sono state ipotizzate una serie di accuse che vanno dall’associazione a delinquere all’intestazione fittizia di società, dalla tentata truffa ai danni dello Stato attraverso una richiesta di finanziamenti pubblici a carico del Feasr (un bando della Regione Umbria), alla ricettazione, contrabbando internazionale di olii minerali e frode nell’esercizio del commercio. Undici degli indagati risiedono in provincia di Rimini. Tra di loro anche un 87enne, che secondo gli inquirenti avrebbe partecipato come ‘testa di legno’ all’organizzazione, e un imprenditore 69enne originario dell’Anconetano ma residente a Rimini. Quest’ultimo, stando alla ricostruzione dei finanzieri, sarebbe stato il vero ‘dominus’ del sistema, insieme ad un 66enne laziale. Al 69enne, in particolar modo, sarebbero state riconducibili alcune delle società coinvolte nell’inchiesta, nelle quali partecipava in forma occulta ma di fatto dirigendo le varie operazioni. Nel tempo aveva saputo diversificare i propri affari, ma sempre continuando ad operare nel settore degli olii e dei carburanti. Lui e il 66enne, secondo le Fiamme Gialle, avrebbero mosso i fili e tenuto le redini dei traffici illeciti, avvalendosi anche di prestanome e autotrasportatori compiacenti. Nei confronti del 69enne pendeva un provvedimento di confisca per un valore di 35 milioni di euro al quale, grazie alle indagini delle Fiamme Gialle, è stato possibile dare esecuzione, mettendo i sigilli alle quote e ai beni di 4 società, tra cui un appartamento sul lago di Endine, 10 auto, orologi di lusso, gioielli, diamanti e pellicce. Sequestrata anche una villa su quattro piani a Santarcangelo, due vigneti e fabbricati sparsi tea Rimini, Bergamo, Latina e Roma.
Lorenzo Muccioli