REDAZIONE ANCONA

"Il jazz non s’insegna, ce l’hai dentro"

Enrico Rava protagonista domani al teatro La Fenice: inaugura la rassegna "Senigallia Concerti"

Enrico Rava

Enrico Rava

Si inaugura nel segno del jazz la terza edizione di ‘Senigallia Concerti’, rassegna organizzata dal Comune e dall’Associazione Culturale LeMuse, con la direzione artistica del Maestro Federico Mondelci. Protagonista è Enrico Rava, figura leggendaria del jazz, che domani (ore 17) porterà al Teatro La Fenice il suo progetto ‘Friends’, che lo vede esibirsi insieme a Emanuele Filippi, piano, Michelangelo Scandroglio, contrabbasso, e Mattia Galeotti, batteria.

Rava, lei ha lanciato tantissimi giovani jazzisti. Che ci può dire dei tre che la affiancheranno domani?

"Li ho conosciuti in anni diversi. Filippi ha suonato con Fred Hersch, insieme al quale ho fatto il disco ‘The Song is You’. Anche con Scandroglio avevo già suonato. Galeotti l’ho conosciuto al seminario di Siena che frequento da trent’anni, dal quale mi arrivano musicisti straordinari, perché già ‘selezionati’. Loro tre mi hanno proposto di fare un paio di concerti insieme. Mi sono piaciuti subito, e mi sono divertito".

Il progetto si chiama ‘Friends’. Quanto conta il rapporto umano tra chi suona?

"Per suonare insieme ci vuole empatia tra i musicisti, sempre. Senza empatia le cose non funzionano. In questo caso c’è".

Nota soggezione a volte nei suoi confronti?

"Io non faccio niente per incutere timore. Non sto lì a giudicare. Si fa musica insieme, e quindi il rapporto deve essere alla pari. Certo, poi sono io che decido cosa si fa e cosa non si fa. Tra l’altro per me il jazz non si insegna. O ce l’hai dentro di te o non ce l’hai. Sarà che io detesto le scuole. Per me la scuola è stata un’esperienza disastrosa, fin dalla prima elementare. Un incubo. Anche per questo cerco di non fare mai il ‘maestro’. Non a caso musicalmente sono un autodidatta. Mai preso una lezione. Ho imparato ascoltando i dischi".

Tornando al concerto, che pezzi suonerete?

"Alcuni miei, come ‘Certi angoli segreti’, e vari standard, come ‘Just friends’ e ‘My funny Valentine’. Ma la scelta dipende da molti fattori, come l’acustica o l’umore del momento. La musica è sempre un’incognita".

Come sta il jazz italiano?

"Il livello tecnico si è alzato moltissimo. Ci sono tanti giovani bravissimi, appassionati e di talento. E ci sono anche tanti club e festival. Se faccio un confronto con quando ero giovane mi sembra un miracolo. Ai miei tempi di lavoro ce n’era poco. Eravamo in due o tre a vivere solo di jazz ‘puro’. Gli altri suonavano anche nelle balere, nei night, o nelle orchestre Rai".

Raimondo Montesi