Raffineria Api, "disastro ambientale" In 18 rischiano di finire a processo

Incidente dell’11 aprile 2018 al serbatoio Tk1, indagini chiuse per 17 dipendenti Api e l’ex direttore Arpam

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di Andrea Massaro

Disastro ambientale. E’ questa l’ipotesi di accusa più grave di cui dovranno rispondere i 18 indagati nell’ambito dell’inchiesta "Oro nero", avviata dalla Procura di Ancona in seguito all’incidente dell’11 aprile 2018, quando per cause mai completamente chiarite s’inclinò il tetto di uno dei serbatoi più grandi d’Europa, il famoso Tk61 della raffineria Api di Falconara. Gli effetti furono immediati e impattanti. Tanto che si verificarono delle fuoriuscite di gas e idrocarburi volatili che impregnarono e ammorbarono l’aria di Falconara e non solo per giorni interi.

Ai cattivi odori si accompagnò una striscia di polemiche e veleni sullo stato di manutenzione degli impianti del petrolchimico falconarese, storicamente nell’occhio del ciclone per la coesistenza forzata e ingombrante con la città e il territorio e purtroppo anche per gli incidenti, a volte anche mortali, che si sono susseguiti negli anni.

Furono oltre mille le persone che, riunite in comitati spontanei, ma anche come semplici cittadini, andarono a denunciare alla tenenza dei carabinieri di Falconara di aver accusato il colpo della fuoriuscita di idrocarburi nell’aria. Stati di malessere, pruriti agli occhi e alla gola. Su tutto una cappa di mistero. Per gli organi inquirenti un’altra bella gatta da pelare. Chiusa nelle ultime ore con la notifica da parte dei carabinieri del Noe di Ancona di 18 avvisi di chiusura indagini (articolo 415 bis del codice di procedura penale) emessi dalla Procura nei confronti di 17 tra dirigenti della raffineria all’epoca del fatto, tecnici, operai e impiegati addetti al controllo e alla manutenzione degli impianti e dell’ex direttore dell’Arpam a cui viene imputato un controllo morbido o addirittura omissivo.

Agl indagati sono contestati reati in materia ambientale: oltre al disastro ambientale, la gestione illecita di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, il getto pericoloso di cose, lesioni personali a carico di numerosi cittadini. Sono inoltre stati contestati delitti contro la pubblica amministrazione, la violazione della normativa sulla gestione degli impianti a rischio di incidente rilevante e la responsabilità amministrativa degli enti nei confronti della società Api raffineria S.p.A.

L’evento dell’aprile 2018 riguardò uno dei serbatoi più grandi d’Europa per una capacità di portata pari a 160.000 metri cubi di petrolio greggio. Secondo l’accusa vi fu una fuoriuscita di una nuvola di gas idrocarburici e la conseguente percezione di forti e prolungati miasmi da parte della popolazione della zona, oltre al serio pericolo per la sicurezza derivante dal rischio di esplosioni.

La conseguente attività d’indagine, espletata con il contributo di consulenti tecnici incaricati dalla Procura (tra cui il professor Annovi), nonché attraverso una molteplicità di strumenti investigativi (sopralluoghi e campionamenti analitici, osservazioni dirette, escussione a s.i.t. di persone informate sui fatti, consulenze in campo ambientale, acquisizione ed analisi di copiosa mole documentale ecc.) ha permesso di ricostruire le modalità gestionali della raffineria "caratterizzate – scrive il Noe in una nota diffusa ieri – da ripetute violazioni, sia delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi, sia degli stessi dettami sanciti dalla specifica normativa di settore".

Le indagini espletate hanno fatto emergere "gravi carenze strutturali negli impianti, con diffusione incontrollata e prolungata nell’ecosistema di inquinanti pericolosi per l’ambiente e per l’uomo". Nel territorio di Falconara (già in parte censito nell’elenco dei siti di Interesse Nazionale per le bonifiche) "si è registrato, infatti, un significativo inquinamento ambientale causato dalle attività della Raffineria che, pur operando sulla scorta dell’Autorizzazione Integrata Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare rilasciata in data 11.05.2018, ne ha violato le prescrizioni ed i limiti di emissione con riferimento alle emissioni in atmosfera, agli scarichi idrici, ai rifiuti, alla gestione dei malfunzionamenti e degli eventi incidentali". Il disastro ambientale è stato contestato "in riferimento alla grave compromissione della matrice suolo e sottosuolo, della qualità dell’aria delle zone limitrofe all’impianto petrolchimico falconarese, delle acque superficiali e delle acque sotterranee presso le quali è stata più volte riscontrata la presenza di reflui industriali contenenti idrocarburi". L’ inquinamento e la perdurante dispersione di prodotti nel suolo, sottosuolo, nelle acque sono stati principalmente provocati "dallo stato di deterioramento degli impianti e dalle gravi carenze riscontrate nell’ ispezione e manutenzione di vari serbatoi, di rilevanti dimensioni, nonché degli impianti di trattamento delle acque di scarico, di trattamento delle acque di falda e della rete fognaria oleosa della raffineria Api. Si è, inoltre, riscontrata l’omessa comunicazione da parte della società degli eventi incidentali tra cui proprio quello accaduto in data 11 aprile 2018".