REDAZIONE ANCONA

"Uno spettacolo per capire noi stessi"

Francesco Pannofino è il protagonista di "Chi è io?" che va in scena oggi al teatro Gentile di Fabriano

Francesco Pannofino in scena

Francesco Pannofino in scena

"Una commedia psicologica, psicosomatica, psichedelica e psicotropa che agisce su spettatori e personaggi in modo realistico e visionario". Si presenta così "Chi è io?", lo spettacolo che va in scena oggi (ore 17) al Teatro Gentile di Fabriano al termine di una residenza di riallestimento nell’ambito della stagione promossa dal Comune e organizzata dall’Amat. Protagonista è Francesco Pannofino, affiancato da Emanuela Rossi, Eleonora Ivone e Andrea Pannofino. Autore e regista è Angelo Longoni. Nella finzione ‘Chi è io?’ è uno show televisivo nel quale si intervistano personaggi anticonformisti. Come il professor Leo Mayer, psicoanalista, intellettuale non allineato e un po’ scontroso.

Pannofino, è davvero così ‘particolare’ Leo Mayer?

"Diciamo che è un personaggio decisamente in contrasto con il mondo come va oggi. All’inizio lo vediamo coinvolto in un salvataggio in mare. Qualcuno sta annegando. Lui si butta e lo salva, ma rischia di morire. Da questo episodio avrà origine una revisione di tutta la sua vita, attraverso le tre figure che rappresentano i suoi affetti: la moglie, il figlio e l’amante. Questo perché, come si suol dire, quando si è vicini alla morte rivedi tutta la tua esistenza".

E qual è la prima cosa che fa?

"Fa delle sedute psicanalitiche a moglie, figlio e amante. Solo che il tutto è inframmezzato da uno show televisivo delirante in cui lui è ospite, come autore di un libro. In effetti all’inizio lo spettacolo è una specie di delirio, di sogno. Meglio, di incubo".

Si ride e si pensa?

"Si passa dal divertimento alla riflessione, perché nel testo di Angelo Longoni ci sono tante cose, tanti livelli di lettura, così che gli spettatori possono ritrovarsi in quello che vedono e ascoltano. Diciamo che assistere allo spettacolo è anche un modo per capire meglio noi stessi".

Poi c’è la satira di un certo tipo di tv.

"Sì, una tv un po’ assurda. Come quei programmi dove si passa da un omicidio a una battuta, e in mezzo la pubblicità di un materasso. La tv del dolore, ecco".

Lei fa cinema, teatro, tv, doppiaggio e altre cose ancora. Come riesce a mettere insieme tutto?

"Diciamo che diversifico. Ma in fondo è semplicemente il mio lavoro. Non scelgo. Capita. Perlomeno evito l’incubo della disoccupazione. Scherzo, naturalmente. In realtà è bello saper fare più cose. E quello che faccio mi ‘prende’ sempre".

L’attore più difficile che ha doppiato?

"Il Rosso. E’ il diavoletto del cartone animato ‘Mucca e pollo’. Una faticaccia. Uscivo dalla sala doppiaggio senza voce".

Raimondo Montesi