
di Claudio Desideri
Era l’architetto prediletto dai Papi e dai principi che se lo contendevano per realizzare nei propri regni opere grandiose e spettacolari: Luigi Vanvitelli. Nato a Napoli nel 1700 da madre napoletana e padre olandese, la sua fitta produzione artistica rappresenta il passaggio tra il tardo barocco e il neoclassicismo ed è considerato uno dei maggiori esponenti del Rococò. Le sue opere hanno mutato il profilo urbano di molte città italiane come la Reggia di Caserta, voluta da Carlo di Borbone, l’acquedotto Carolino, sempre a Caserta; a Loreto il campanile della Basilica e parte del loggiato bramantesco e ad Ancona il Lazzaretto, l’arco Clementino, la chiesa del Gesù. Luigi Vanvitelli partecipò a due concorsi banditi dalla corte pontificia, quello per la realizzazione della Fontana di Trevi e per la facciata di San Giovanni in Laterano.
Concorsi che non vinse ma che lo fecero apprezzare per il suo stile e che portarono l’allora pontefice, Clemente XII, ad affidargli gli importanti lavori di ampliamento del porto di Ancona, il porto che rappresentava lo scalo principale dello Stato della Chiesa in Adriatico. Il Papa intendeva dare nuovo slancio alla città dorica, dopo il declino seicentesco, risanando il porto, costruendo un nuovo e più grande lazzaretto e un nuovo molo. In questo riammodernamento di Ancona il Vanvitelli, nel 1743, mise mano anche all’ampliamento e rinnovo della chiesa del Santissimo nome di Gesù dinnanzi al Palazzo degli Anziani. La sua facciata a forma semicircolare è stata interpretata come un simbolico abbraccio che la città rivolge a chi giunge dal mare, essendo la chiesa quasi al centro di quello che allora era il porto dorico con alle sue estremità le altre due opere di Vanvitelli, a sinistra l’arco Clementino e a destra il Lazzaretto. I Gesuiti erano giunti ad Ancona nel 1571, all’epoca del vescovo e poi cardinale Carlo Conti Domicelli, e dopo essere stati ospiti della nobile famiglia dei Tancredi si trasferirono nell’oratorio della chiesa di San Giorgio che lo storico Saracini ci ricorda essere dove oggi sorge il collegio dei Gesuiti. Gesuiti che eressero la prima chiesa nel 1605 grazie alla munificenza del conte Giovanni Nappi mentre l’attiguo collegio, anch’esso rinnovato dal Vanvitelli, costruito nel 1631, fu realizzato grazie al lascito della contessa Pantasilea Polidori. La prima chiesa era ampia quanto la navata centrale ed era più arretrata rispetto alla sottostante piazza. Nel volume "La chiesa anconitana, dissertazione" di Agostino Peruzzi, conservato nella nostra Biblioteca Benincasa, lo storico scrive che vi si arrivava da un’unica scala che portava all’ingresso principale. La facciata era in stile semplice ed aveva tre finestre e l’interno, ad una sola navata, terminava dove oggi c’è l’abside realizzato dal Vanvitelli. Vi erano solo tre altari, il maggiore al centro e due laterali entro due piccole cappelle. Il Vanvitelli con il suo progetto amplia la pianta della chiesa a croce latina, aggiunge le cappelle laterali, aggiunge la cupola e porta tutta la chiesa in avanti realizzando le due bellissime scalinate semiellittiche inserite nella facciata curvilinea. L’architetto, come anche nel Lazzaretto, usa due materiali dai colori contrastanti, il cotto locale e la pietra d’Istria creando una profondità e un risalto delle ombre uniche. Alla base delle scale due grandi conchiglie affiancano la scalinata dando una notevole suggestione a tutto l’impianto. Vanvitelli non era nuovo alle linee curve che ha prediletto in tante sue opere come ad Ancona nel tempietto dedicato alla Madonna Regina di tutti i Santi al Duomo, o nel campanile della Basilica di Loreto, ma anche nel Foro Carolino, nella basilica dell’Annunziata e nell’oratorio della Scala Santa a Napoli. Quella era l’epoca in cui gli architetti contribuirono allo sviluppo di un’arte varia e creativa dove il tema della centralità si attua proprio attraverso l’evoluzione della forma circolare. Basti pensare alle opere del Bernini o del Borromini. Tornando alla chiesa del Gesù, l’ampio pronao, preceduto da colonne, un tempo terminava con una serie di vasi oggi scomparsi. Il suo interno è grandioso con quattro cappelle, due per parte, lungo il braccio più esteso e due, una per parte del lato corto della croce latina. Una grande cupola, con un lanternino finale, si eleva all’incrocio dei bracci. Nella prima cappella di destra troviamo la tela del pittore lombardo Filippo Pallavicini raffigurante sant’Antonio Abate, estraneo all’iconografia gesuita. L’opera è stata infatti realizzata dopo il 1773, dopo la soppressione della Compagnia di Gesù e il passaggio della chiesa a parrocchia. Nella seconda la tela realizzata da Sebastiano Conca, amico del Vanvitelli, nel 1747 e raffigurante San Francesco Saverio che parte per le Indie dove fu mandato come nunzio apostolico da Paolo III. Nella terza cappella troviamo un’opera che sicuramente è appartenuta alla prima chiesa, quella seicentesca, che raffigura l’Assunta e gli angeli e sotto gli apostoli attorno al sepolcro vuoto. La tela è attribuita a Michel Gisbel o Gesbel. Giunti all’altare maggiore, sopra vi è l’olio su tela di Orazio Gentileschi raffigurante la Circoncisione, realizzato tra il 1605 e il 1607. La bellissima opera, basta questa a motivare una visita, è in stile caravaggesco con giochi di luce ed ombre, riflessi e precisione di dettagli. Questo dipinto fu molto amato dalla figlia di Orazio, Artemisia, che in più occasioni si ispirò per le sue opere a questa tela. Passando sul lato sinistro, sopra l’altare La Predica di Sant’Ignazio, di autore ignoto del XVII secolo. Recentemente la tela è stata attribuita a Domenico Peruzzini. Proseguendo sul lato, l’opera settecentesca di un pittore ignoto raffigurante la Madonna con il Bambino, San Luigi Gonzaga e un angelo. L’opera risale al periodo del rifacimento vanvitelliano e risente dell’influsso del pittore anconetano Carlo Maratta. Nell’ultima cappella troviamo la Madonna col Bambino, san Luigi Gonzaga, Sant’Ignazio e san Stanislao, opera in precarie condizioni e sicuramente bisognosa di restauro. Per gli anconetani che ancora non hanno visitato questa bellissima chiesa, oppure lo hanno fatto in fretta, grazie al Fai è possibile gustarla i sabati e le domeniche dalle 10.30 alle 12.30.