Roma, 8 marzo 2022 - Il prezzo del grano scende dell'8% in un giorno ed è la prima volta che accade dall'inizio della guerra in Ucraina. E si riducono anche le quotazioni sul mercato di mais (-2%) e soia (-0,2%) destinate all'alimentazione animale, nonostante il permanere delle tensioni internazionali con lo stop alle esportazioni deciso dall'Ungheria e dall'Ucraina e le difficoltà dei trasporti dal Mar Nero dovute al conflitto tra Russia e Ucraina. Emerge dall'analisi Coldiretti alla borsa merci future di Chicago, punto di riferimento mondiale del commercio delle materie prime agricole.
"Un andamento- sottolinea Coldiretti - che non significa il superamento delle difficoltà, ma piuttosto l'accresciuto interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che ha approfittato degli alti valori raggiunti per realizzare profitti. Le speculazioni si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l'oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall'andamento reale della domanda e dell'offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati 'future' uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto. Una speculazione sulla fame che nei Paesi piu ricchi provoca inflazione e povertà ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati, con le quotazioni sul mercato future di Chicago che per il grano restano comunque ai massimi per un valore di 11,54 dollari per bushel (27,2 chili) ma su livelli alti si collocano anche le quotazioni di mais (7,54 dollari per bushel) e soia". ,
A sconvolgere il mercato dei prodotti agricoli è lo stop all'export deciso da importanti Paesi produttori come Ucraina e Ungheria mentre dalla permangono le difficoltà di spedizioni dalla Russia che è il principale esportatore mondiale. Una situazione che - spiega Coldiretti - aggrava l'emergenza in Italia che è un Paese deficitario su molti fronti per quando riguarda il cibo: produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell'orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all'84% di autoapprovvigionamento. Con la decisione dell'Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, in Italia è a rischio un allevamento su quattro".
"Siamo di fronte ad una nuova fase della crisi, dopo l'impennata dei prezzi arriva il rischio concreto di non riuscire a garantire l'alimentazione del bestiame" avverte il presidente Ettore Prandini nel precisare che "da salvare ci sono tra l'altro 8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini, oltre 6 milioni di pecore e centinaia di milioni di polli e tacchini". "L'Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti dalle industrie agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi un terzo la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni".
"La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza" afferma Prandini nel chiedere "interventi urgenti e scelte strutturali per rendere l'Europa e l'Italia autosufficienti dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo".