Un lembo di paradiso o un pezzo d’inferno

dell’acqua sul frammento fino a lavarlo completamente.

dell’acqua sul frammento fino a lavarlo completamente.

dell’acqua sul frammento fino a lavarlo completamente.

Lucio si avvicinò e appoggiò la mano alla testata del generatore, ancora tiepida: "Cristo! Questa macchina ha funzionato fino a un’ora fa, forse anche meno".

Tutti si guardarono in faccia costernati.

"Questo che cosa significa esattamente?" domandò Barrese dal fondo della sua abissale ignoranza tecnologica.

"Che qualcuno è stato su questo cantiere a lavorare o a rubare, se preferisci, fino a poco fa mentre noi mangiavamo croissant caldi. Qualcuno che aveva le chiavi del generatore."

"Liddel-Scott" concluse Fossa.

"Direi proprio di sì visto che Agostino giace in un letto d’ospedale profondamente sedato. Anche se in teoria le chiavi le hanno anche i terzisti e gli operai della manutenzione."

"Scusate la mia ignoranza in materia," intervenne Barrese "ma se qualcuno si fosse aggirato a razzolare in questo luogo fino a poco tempo fa non si vedrebbero le tracce dell’intervento?"

"In teoria sì," rispose Marras "ma se avessero voluto cancellarle, nulla di più facile: avrebbero usato un getto d’acqua, colato fango liquido nel buco, e poi sommerso tutto con l’acqua. Si assesta tutto, come se non fosse passata anima viva."

"Interessante" rispose Barrese non sapendo che altro dire.

"Volete sapere cosa penso?" disse Lucio.

"No" rispose Marras. "Ce lo immaginiamo. A questo punto diamoci da fare, almeno sapremo se tutto il casino che stiamo facendo aveva qualche ragion d’essere."

Estrasse il teodolite dal cassone degli attrezzi e cominciò a battere le quote seguendo le istruzioni di Lucio. Poi, posizionato il punto per il sondaggio, scesero tutti e tre sul fondo della laguna, e cominciarono a scavare. Barrese li guardava dall’alto affascinato. In pochi minuti si erano sporcati di fango dalla testa ai piedi e continuavano a scavare a ritmo sostenuto. Scendevano rapidamente raschiando il terreno con il bordo laterale delle pale, poi a un certo momento Marras si inginocchiò e disse: "Fermi, mi pare che ci siamo".

"Che cosa vedete?" domandò Barrese dal suo punto di osservazione.

"I resti di una inumazione, tavole di legno, forse ricavate dal fasciame di una barca... rimosse e appoggiate di lato..."

"Vuoi dire che è già passato qualcuno?"

"Non si può escludere" rispose Lucio. "La posizione però era perfetta, accidenti."

"Ed ecco lo scheletro!" esclamò Fossa.

"Cristo, fatemi scendere, voglio vedere anch’io!" gridò Barrese fuori di sé per la curiosità e l’eccitazione. Seguirono alcuni interminabili istanti di silenzio. Poi Lucio si alzò in piedi asciugandosi il sudore con il risvolto della manica: "Puoi risparmiarti la fatica, ci sono solo delle ossa".

"Ne sei proprio sicuro? Avete guardato bene?" insistette Barrese.

"Scherzi? È il nostro mestiere, no?"

"Allora è vero che è già passato qualcuno?"

"Già. Così si direbbe. Ma non possiamo esserne del tutto sicuri. Come ho detto prima, il fango intriso d’acqua si assesta e si ricompatta perfettamente anche nel corso di poche ore. Può essere stato settecento anni fa, quando il nostro misterioso ladro decise finalmente di riprendersi il malloppo, può essere stato da poche ore. Difficile dirlo. L’unica cosa sicura è che noi non siamo stati i primi a provarci."

Lucio e Stefano Marras risalirono, mogi, uno dopo l’altro, fino al pontone e cominciarono a sfilarsi le tute di fatica, mentre Fossa restava ancora sul fondo a sistemare gli attrezzi. Erano tutti così depressi che non si accorsero nemmeno che un’altra barca stava attraccando e quando si voltarono per scendere si trovarono di fronte Basil Foster e Liddel-Scott.

"Non sono potuto ripartire senza dare un’occhiata a questo magnifico cantiere" disse Foster. "E vedo che siete già all’opera a quest’ora del mattino: formidabile! Non v’è dubbio che i soldi della Fondazione vengano qui messi a frutto nel migliore dei modi."

Lucio non mostrò nemmeno sorpresa: "Grazie, Sir Basil" si limitò a rispondere rispettosamente.

"Sa una cosa?" disse ancora Foster. "Quando guardo il fasciame di quel relitto mi vengono in mente quei versi dell’Inferno di Dante:

Quale ne l’arzanà de’ Viniziani bolle l’inverno la tenace pece..."

"Anche a me," rispose Lucio "anche a me. È un riferimento che viene spontaneo, non trova?"

Foster ripartì per andare a prendere il suo aereo e poco dopo squillò di nuovo il cellulare di Marras. Era il tenente Savelli: "Sono ripartiti. Mi sembra che vengano al cantiere".

"Lo sappiamo," rispose Marras "lo sappiamo."

"Ah. Sono già lì?"

"No, se ne sono già andati."

"Però, veloci... Agostino sta bene: lo dimettono oggi."

"Meglio così."

"Date le circostanze e in assenza di ulteriori elementi a carico degli indiziati, per il momento non si può fare altro che soprassedere in attesa di eventuali sviluppi. Ci vediamo in giro, Stefano."

"Ci vediamo, tenente" rispose Marras chiudendo la comunicazione e infilandosi il cellulare nel taschino.

"Ehi, ragazzi!" risuonò improvvisamente la voce di Fossa, e in quel silenzio sembrò una tromba del Giu- dizio.

"Che c’è ancora?" chiese Lucio.

"Secondo voi, questo che cos’è?"

Fossa risalì in fretta sul pontone e appoggiò al cassone degli attrezzi un minuscolo frammento sporco di fango.

Lucio ci versò sopra dell’acqua fino a lavarlo completamente e fu evidente che si trattava di un pezzetto di pergamena non più grande di un centimetro quadro in cui sembrava si potessero riconoscere delle lettere.

Barrese si avvicinò e guardò quel minuscolo reperto in religioso silenzio per un interminabile minuto poi alzò gli occhi velati di commozione: "Potrebbe essere tutto quanto ci resta?" chiese. "L’ultima reliquia dell’opera di Dante?"

Lucio assentì gravemente e anche gli altri compagni, tutti egualmente silenziosi e commossi.

"Potrebbe," rispose alla fine Lucio "e appena saremo in grado di leggere queste lettere, tu potrai dire se abbiamo in mano un lembo di paradiso, o un pezzo d’inferno."

2005 Arnoldo Mondadori editore S.p.A., Milano

2018 Mondadori Libri S.p.A., Milano