Borghi antichi, la storia di Tazzola: 11 abitanti e un museo

Nel cuore della Val di Zena la collezione di pupazzi pietrificati custodita dall’artista Paolo Rossi, che ha lasciato la città per vivere in Appennino

L'artista Paolo Rossi

L'artista Paolo Rossi

Bologna, 24 febbraio 2024 – Tazzola è un borgo nella Val di Zena, che pochi conoscono: ha 11 abitanti, un museo, nessun negozio e una piazzetta. “Ma alla domenica arrivano i parenti delle famiglie residenti, così aumentiamo di numero”, spiega l’artista Paolo Rossi.

Il cuoricino di Tazzola è attraversato soprattutto da escursionisti che procedono nei percorsi del Cai, una chicca di passaggio che lascia un ottimo sapore. Ma pur essendo fuori dai 'giri’ del turismo – che purtroppo è calato nelle ultime stagioni a causa delle frane, dopo un’impennata negli anni scorsi –, questo villaggio risalente al 1100 sta diventando una sorta di buen retiro per coppie che vogliono vivere il relax della pensione lontane dallo smog e dal rumore di Bologna.

Tazzola, un avviso divertente
Tazzola, un avviso divertente

Tra loro c’è il 72enne Rossi, appunto, un artigiano del ferro e della pittura, un artista, che si gode l’aria dell’Appennino e fa anche il custode del Museo dei Botroidi.

Nella collezione di questi pupazzi pietrificati raccolti dal pioniere della speleologia Luigi Fantini agli inizi del 1900 lungo il fiume Zena ci sono sassi modellati dal vento e dall'acqua, che hanno assunto forme antropomorfe e zoomorfe.

Al museo di Tazzola
Al museo di Tazzola

Il museo, che raccoglie una vasta collezione di botroidi, offre una suggestiva esperienza tra arte e natura. Paolo 31 anni fa è ‘scappato’ dal capoluogo emiliano con la moglie Gloria Ghelfi, per rinascere e addobbare la frazione di Pianoro con cartelli e statue ironiche: ha fatto diventare la sua seconda casa, il suo domicilio a quasi 400 metri di altitudine e 15 chilometri dalle Due Torri.

L'arte della scultura in ferro
L'arte della scultura in ferro

“Abbiamo venduto il nostro appartamento in città e ci siamo costruiti la nostra casa – spiega Rossi –: abbiamo sudato le fatidiche sette camicie, per mille ragioni, tra cui avere i permessi. In questo posto ho un pezzo di cuore, mia madre è nata a Tazzola e mio nonno faceva il fabbro proprio qui. È stato lui a insegnarmi a lavorare il ferro, lo guardavo sempre quando ero piccolo e mi ha trasmesso l’arte del mestiere”.

Tornare in città non è nei pensieri di Rossi: “Macché, non sarei più capace di vivere in quel contesto”.

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