FRANCESCO MORONI
Politica

Made in Italy e famiglia, Basso: "Occorre un cambio in Europa, ce lo chiedono le nostre imprese"

La parlamentare uscente della Lega punta al bis: "C’è preoccupazione per la transizione e l’Agenda green. Quello che succede a Strasburgo si riflette a livello nazionale, servono meno ideologie e più buon senso"

Alessandra Basso, europarlamentare uscente della Lega, è originaria del Veneto, ma trapiantata a Bologna da anni

Alessandra Basso, europarlamentare uscente della Lega, è originaria del Veneto, ma trapiantata a Bologna da anni

Bologna, 2 giugno 2024 – “Ormai la politica europea si riflette su tutto quello che riguarda la politica nazionale, lo stiamo vedendo ad esempio con la ‘direttiva case green’. I cittadini e le imprese sono sempre più preoccupati dall’accelerata nella transizione ecologica, io penso invece serva un Parlamento meno ideologico e più di buon senso".

Alessandra Basso, europarlamentare uscente della Lega, originaria del Veneto e adottata da Bologna da anni, mira al bis a Strasburgo mentre ha un occhio anche per le prossime Regionali, praticamente dietro l’angolo. "D’altronde, con un cambio di passo, di colore politico, di rotta in Europa, ci sarebbe più elasticità nell’applicazione di norme e direttive", puntualizza la leghista. E ricorda soprattutto i capisaldi della candidatura nella circoscrizione nord-est: "Tutela della famiglia tradizionale, del Made in Italy, delle piccole e medie imprese".

Basso, cosa emerge da questi ultimi giorni di campagna elettorale?

"Stiamo girando il territorio portando avanti un confronto su vari tempi: c’è preoccupazione".

Da parte di chi?

"Delle nostre aziende, soprattutto. Non che io lo scopra oggi, ma ho avuto una conferma ulteriore, in prima persona".

Preoccupazione per quali aspetti, in particolare?

"Le imprese sono turbate, vengono fuori dal Covid e dalla guerra, con tutto quello che comporta. E i timori riguardando, come ho detto, anche l’Agenda green".

Le regole sono troppo stringenti?

"Siamo tutti concordi con la transizione, ma ci vorrebbero tempi più consoni e anche un aiuto che guidi le imprese verso la strada giusta. Non tutte le aziende sono in grado di reggere questi ritmi e questa accelerata che stiamo vivendo. Poi, molto spesso, quando diciamo ‘no’ a Ursula von der Leyen, scattano gli applausi durante i comizi elettorali...".

Il tema è molto sentito, insomma.

"Non a tutti è piaciuta, a noi ben che meno. E sento anche un buon ottimismo per quanto riguarda il nostro partito in vista dell’appuntamento alle urne. Quello che continua ad angosciare molti, tuttavia, è soprattutto il paventato pericolo di entrare in guerra".

Una questione delicata, chiaramente.

"Ci auguriamo tutti che non ci sia una escalation di violenza".

Sotto le Torri negli ultimi giorni ha fatto molto discutere la scelta di appendere la bandiera della Palestina da Palazzo d’Accursio. Lei cosa ne pensa?

"Sappiamo bene da che parte stanno certi partiti politici. Io non lo avrei fatto, siamo in un momento in cui si sta cercando in tutti i modi di evitare una escalation, appunto. La situazione è pesante, delicata, non mi è sembrato un buon gesto da mettere in atto".