GABRIELE PAPI
Cronaca

Cesena, la California d’Europa. Con la Cia nacque la frutticoltura

Il Consorzio industrie agrarie fu fondato nel 1920 ma dopo soli 9 anni dovette gettare la spugna

Una ‘reclame’ della C.IA. di Cesena, un secolo fa

Una ‘reclame’ della C.IA. di Cesena, un secolo fa

Il 30 marzo 1920 veniva fondata in Cesena la C.I.A, ovvero Consorzio Industrie Agrarie, iniziativa oggi pressochè dimenticata, tranne dagli addetti ai lavori e dagli appassionati di storia locale non solo antica. Eppure fu la prima esperienza cesenate di trasformazone dei prodotti ortofrutticoli con respiro anche europeo. Iniziativa coraggiosa volta a trasformare l’agricoltura romagnola in una sorta di California d‘Europa. Idea lungimirante ma, con il senno di poi, in anticipo rispetto ai tempi e alla locale mentalità imprenditoriale d’allora: Cesena non era Milano o Torino.

In ogni caso la C.I.A costruì di fronte alla stazione ferroviaria stabilimenti per quasi 80.000 mq, con essicatoio, grande frigorifero, fabbrica del concentrato di pomodoro, vari stabilimenti per altre lavorazioni, centrale elettrica, fabbrica del ghiaccio scatolificio interno con litografia e altri impianti. Quegli anni Venti segnavano l’inizio della moderna frutticoltura nel cesenate e in Romagna. Le briscole d’allora delle campagne e delle colline cesenati erano soprattutto le ciliegie: le pesche stavano prendendo piede. E le ciliegie interessavano particolarmente il mercato inglese, grazie anche all’attivazione del servizio dei ferry-boats sul canale della Manica.

Situazioni in teoria favorevoli: in realtà era una corsa ad ostacoli. Basti pensare alla carenza, per il trasporto via ferrovia, di adeguati vagoni frigorifero. Ancora più dolente era, dietro le quinte, l’atteggiamento più che tiepido delle banche locali abituate al piccolo cabotaggio finanziario, non alle grandi imprese con relativi rischi del libero mercato. Anche le diverse anime del mondo agricolo cesenate erano interessate alla scommessa della C.I.A., ma anche perplesse sugli sviluppi futuri.

Ad ogni modo, nel 1925, il grande stabilimento cesenate fava lavoro a circa mille operai, soprattutto operaie nei mesi di maggior lavorazione stagionale. Vasta era la gamma di prodotti offerti dall’azienda cesenate, non solo nel campo della frutta pregiata- Ebbe successo, ad esempio, la julienne, ovvero una zuppa di verdura essicata, ridotta in blocchetti che poi rinveniva a mo’ di minestrone se immersi nell’acqua in bollore: l’azienda ebbe buone commesse dall’esercito italiano. Venivano lavorate anche erbe officinali e farine vegetali di vario tipo: prodotti che oggi avrebbero u notevole mercato, ma un secolo fa non era così, a parte specifiche richieste di prodotti di questo tipo da parte di mercati del Nord Europa.

Infine, lo sviluppo di una azienda così innovativa rispetto ai tempi e alla mentalità ‘di campagna allora vigente da noi, richiedeva grossi investimenti e continua liquidità finanziaria. E allora, nel 1929, dopo tentativi di ricapitalizzazione con interventi privati di personaggi d’altre realtà, di fronte ad una crisi finanziaria sempre più pesante, la C.I.A. dovette gettare la spugna, tanto per usare termini pugilistici. Di lì a poco gli stabilimenti della cittadella produttiva sarebbero stati rilevati dall’Arrigoni di Trieste, guidata dall’imprenditore Giorgio Sanguinetti, cui Arnaldo Mussolini (allora presidente della nostra Provincia) e lo stesso duce fecero ‘ponti d’oro’, garantendo a esempio la commessa di forniture per alimentare per l’esercito italiano.