
La maestra Giulia Montanari, autrice del libro «I topi non avevano nipoti»
Una maestra, una pagina Instagram da oltre 45mila follower, un’intuizione geniale e la casa editrice di "Harry Potter": è così che Giulia Montanari, insegnante della scuola primaria di Cuccurano, ha trasformato il suo approccio ludico alla didattica in un libro che sta facendo parlare l’intero mondo dell’educazione. Si intitola "I topi non avevano nipoti", è uscito da pochi giorni con Salani Editore e ha già conquistato lettori, famiglie, insegnanti e… bambini. Dietro questo successo c’è un’idea semplice e rivoluzionaria: rendere la grammatica un gioco. E non è solo uno slogan. Per Montanari, insegnare non significa trasmettere regole astratte ma farle vivere attraverso attività divertenti, giochi in scatola, laboratori e relazioni autentiche con gli alunni. Una visione che ha condiviso per anni sul suo profilo Instagram, seguito da migliaia di insegnanti, genitori e appassionati.
Ed è proprio lì, sui social, che Salani l’ha notata: "Una delle persone della casa editrice mi ha scritto – racconta Giulia – dicendomi che volevano realizzare un libro di grammatica divertente insieme a me. Da lì è partito tutto". Il titolo, che è un palindromo, è già un gioco in sé. Ma "I topi non avevano nipoti" è molto più di questo: è un metodo, una filosofia, una proposta educativa concreta che nasce da anni di esperienza in aula e che prende forma dopo precedenti pubblicazioni autoprodotte dall’autrice stessa, come "Mi diverto con le tabelline" e "Natale a scuola". Questa volta però c’è dietro un vero team editoriale: illustratori, grafici, esperti di marketing e organizzatori di eventi. Un mondo nuovo, che l’ha portata nientemeno che al Salone del Libro di Torino.
Giulia Montanari non si definisce un’influencer, anche se l’etichetta ormai le calza stretta. "Qualcuno mi chiama così, ma io mi sento solo un’insegnante. Condivido perché credo che il gioco sia il miglior modo per imparare. I bambini devono divertirsi a scuola, solo così si appassionano alla cultura". Il suo approccio è affettivo prima ancora che didattico: "I miei alunni vengono a scuola volentieri, lo dico con orgoglio. Mi chiedono abbracci, attenzioni. Se non c’è una relazione autentica, non si può insegnare nulla".
Tiziana Petrelli