
Remo Giacobbi si è concentrato sul libro di Matteo. Il plauso del vescovo.
Una storia che non si finisce mai di raccontare, un progetto per riscoprire le nostre radici e insieme condividere una preghiera. È l’idea che ha avuto Remo Giacobbi che ha tradotto in dialetto fermano il Vangelo di Matteo, un libro dolce e delicato che si legge in un soffio. Ieri la presentazione del libro, nella chiesa di San Gregorio, meraviglia fermana poco conosciuta e piena di tesori da valorizzare. A intervistare Giacobbi Raffaela Iale, per conto del Consultorio Famiglia nuova che festeggia in questi giorni i suoi 50 anni di storia. I saluti li ha portati il presidente di Famiglia nuova don Vincenzo Marcucci che ha sottolineato il valore divulgativo del lavoro di Giacobbi. Un libro che è nato sotto pandemia e che ha avuto la benedizione dell’arcivescovo Rocco Pennacchio: "Gli ho chiesto se potevo, racconta Giacobbi, perché di certo non volevo fare una commedia ma portare tra la gente uno dei vangeli per me più significativi, quello di Matteo". Lo stesso arcivescovo ha chiesto come mai proprio Matteo, tra l’altro un vangelo tra i più lunghi: "Matteo perché racconta per intero tutto la vita di Gesù e perché riporta con cura tanti sogni, dai sogni della moglie di Pilato ai sogni del Re Magi. E poi per l’importanza che dà alla figura di Giuseppe che per me è da restituire con il suo adeguato spessore".
Angelica Malvatani