Condannati per aver falsificato il Durc (Documento unico di regolarità contributiva relativo ai propri dipendenti), ma prosciolti dall’accusa di aver truffato l’azienda per la quale lavoravano in appalto. Si è concluso con questo verdetto il processo che vedeva imputati due imprenditori di 43 e 66 anni (difesi dagli avvocati Giampaolo Remondi e Roberto Buzzola). Per entrambi, il tribunale ha fissato la pena a 5 mesi di reclusione (per il solo falso), oltre a 30mila euro di provvisionale. Per il più giovane è stata disposta la sospensione condizionale. A far cadere l’accusa di truffa (per il quale è stato disposto il non doversi procedere) è stata la tardività della querela per i fatti finiti sotto la lente del giudice.
I due imputati avevano ricoperto in tempi diversi il ruolo di amministratore unico di un’azienda che si occupa di packaging. Gli episodi contestati si sarebbero consumati tra il maggio del 2014 e il dicembre del 2019. Un lungo periodo in cui, secondo la procura, i due avrebbero consegnato all’azienda per la quale stavano lavorando in appalto documenti contraffatti per dimostrare la regolarità contributiva nei confronti di Inps e Inail dei loro dipendenti. Cinque anni durante i quali quelle carte sarebbero state falsificate ad arte per non incappare nella risoluzione del contratto. Ventotto i pagamenti contestati all’imprenditore di 66 anni che ha ricoperto la carica di amministratore da maggio del 2017 a dicembre del 2019, e sette i pagamenti eseguiti dall’azienda tratta in inganno contestati all’altro amministratore di 43 anni. L’azienda si è costituita parte civile ed è assistita dall’avvocato Giulio Garuti. Quella falsificazione, secondo l’accusa, avrebbe permesso ai due imputati di guadagnare poco meno di 550mila euro.
Federico Malavasi