CRISTIANO BENDIN
Cronaca

Case popolari, l’arcivescovo: “La modifica della Regione opportuna e rispettosa dei diritti”

Gian Carlo Perego sul nuovo regolamento che elimina la residenzialità storica

L’arcivescovo Gian Carlo Perego

L’arcivescovo Gian Carlo Perego

Ferrara, 14 gennaio 2024 – Com’è la situazione dell’arcidiocesi dopo l’introduzione delle Unità pastorali? Stanno funzionando, quali criticità e opportunità sono emerse?

"Nella ’Tre giorni’ del clero dall’8 al 10 gennaio – risponde l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio Gian Carlo Perego – alla presenza di oltre 90 sacerdoti della nostra Arcidiocesi, ho fatto una riflessione sull’identità del prete e sul ruolo dei presbiteri (moderatore, vicari, collaboratori) nelle nuove Unità pastorali. E’ stata l’occasione per una prima verifica – alla fine del percorso saranno oltre 40 le Unità pastorali – e per segnalare difficoltà e opportunità di questo nuovo strumento organizzativo della vita diocesana. E’ una direzione comune di tutte le Diocesi – tra l’altro è anche uno dei temi del cammino sinodale delle Chiese in Italia – per cui è necessario precisare meglio i singoli ruoli, il tema della delega riguardo agli aspetti amministrativi e della maggiore informazione delle comunità parrocchiali sul percorso in atto. Nella Tre giorni di giugno continueremo con i presbiteri la riflessione sulle “equipe” delle unità pastorali e sulla corresponsabilità laicale negli organismi di partecipazione (Consiglio pastorale e Consiglio degli affari economici). Nelle giornate del laicato, come nel Consiglio pastorale diocesano, svilupperemo soprattutto il tema del ‘consigliare’ nella Chiesa e della rappresentanza, che sono diversi da quelli di partecipazione agli organismi della vita pubblica".

Situazione del clero: in una lettera del giugno scorso, nella quale comunicava nuove nomine e alcuni trasferimenti, lei ha parlato della fatica del cambiamento: aggiungendo: “la fatica la fate voi, ma la faccio anch’io, come Pastore di questa Chiesa che per quattro anni non ha un nuovo prete”. Com’è la situazione oggi?

"Come in tutte le Diocesi della Conferenza Episcopale dell’Emila Romagna, anche nella nostra Chiesa locale si vive la diminuzione e l’invecchiamento del clero. Come scrivevo nella lettera da Lei citata, prossimamente avremo una nuova ordinazione presbiterale dopo ben quattro anni. Nel frattempo sono morti 19 presbiteri. Circa 50 su 130 hanno già un’età pensionabile o sono ammalati. L’Arcidiocesi vedrà anche l’invecchiamento dei fedeli e la perdita nei prossimi vent’anni di circa 20.000 abitanti, soprattutto nel territorio ferrarese. In questa situazione deve essere centrale un lavoro pastorale unitario, la collaborazione tra presbiteri, la corresponsabilità. Le nomine dei sacerdoti parroci e moderatori ora sono a nove anni, dopo i quali si farà una verifica. Anche questa è una nuova prassi che chiede la fatica del cambiamento per sacerdoti e i fedeli".

Che ne pensa della decisione della Regione di eliminare il criterio della residenzialità storica nell’assegnazione delle case popolari, che ha scatenato la reazione del sindaco di Ferrara Fabbri e di altri?

"Come è noto, il regolamento per l’assegnazione delle case popolari del Comune di Ferrara, a motivo di ricorsi, è stato ritenuto discriminante dal Tribunale di Ferrara e anche in Appello. E’ noto inoltre che alcuni tribunali avevano già condannato, ad esempio la regione Abruzzo, per aver accentuato i criteri di maggior punteggio per la residenzialità in ordine all’assegnazione delle case popolari. La modifica regionale corrisponde al principio che il diritto alla casa – come affermato dal diritto internazionale ed europeo e dalla Corte Costituzionale in più sentenze – è legato alla persona e non al cittadino, considerando le sue condizioni di povertà e di disagio in senso generale. Pertanto, ritengo che la modifica del Regolamento regionale – a cui compete legiferare sul patrimonio abitativo – sia stata opportuna e nel rispetto della dignità e dei diritti sociali delle persone e delle famiglie, siano esse arrivate nella nostra città o storicamente presenti".

Qualche giorno fa ci siamo occupati della situazione delle chiese, tra problemi burocratici e gravi ritardi: lei che ne pensa? Cosa intende fare per imprimere una svolta?

"Il terremoto del 2012 ha colpito soprattutto i beni storici e culturali, tra cui le chiese. Nella nostra Arcidiocesi gli edifici interessati sono stati 114. Dopo il primo monitoraggio della protezione civile, attraverso il Rup diocesano si è fatto un buon lavoro per favorire la progettazione sulla base delle risorse importanti messe a disposizione. Ogni progetto ha bisogno di essere approvato dalla Sovrintendenza e dalla Regione. Il raccordo non è sempre facile, comprensibilmente, anche per il turnover dei dirigenti. Certo i lavori realizzati finora sono stati importanti".

Cosa resta da fare?

"Ora si dovrebbe imprimere un’accelerazione – se si intende valorizzare tutto il nostro patrimonio ecclesiale in vista del Giubileo del 2025 – e rilanciare il turismo. I lavori della Cattedrale sono stati importanti, ma stiamo andando verso la conclusione della fase della messa in sicurezza a cui dovranno seguire, a Cattedrale aperta, i lavori di restauro del campanile – gioiello di Leon Battista Alberti – e delle facciate, con contributi del progetto del Ducato Estense, gestito dal Comune di Ferrara, con una risorsa di sette milioni e mezzo provenienti da Fondi europei. Certamente al termine dei lavori del terremoto e dei lavori del PNNR avremo una città più bella e sicura dal punto di vista monumentale che è una delle quattro città con il centro storico più bello in Italia. Il turismo è, poi, un volano essenziale per la nostra debole economia locale. Nei paesi colpiti dal terremoto il problema sarà valorizzare i beni culturali importanti – penso alla chiesa di Ravalle o di Porporana o di Denore – in contesti sempre più disabitati".