Da Cento al Bangladesh: "Così aiuto i profughi a vivere ogni giorno"

La testimonianza di Anna Orlandini della Protezione civile europea "Il mio lavoro mi entusiasma ma la cittadina guerciniana resta casa mia".

Da Cento al Bangladesh: "Così aiuto i profughi a vivere ogni giorno"

Da Cento al Bangladesh: "Così aiuto i profughi a vivere ogni giorno"

La settimana santa appena trascorsa, Anna Orlandini – che lavora alla direzione generale per la Protezione civile europea e per le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea in Bangladesh – l’ha trascorsa a Cento, sua città natale. Quarantatrè anni, laurea in scienze internazionali e diplomatiche, Anna da quasi vent’anni lavora su progetti umanitari in Africa, Medioriente e più di recente Asia. Naturalmente è transitata per Bruxelles, sua sede centrale, in attesa di tornare a Dacca, la capitale del Bangladesh, da cui guida due uffici uno dei quali a Cox’s Bazar sul Golfo del Bengala dove c’è il più esteso campo profughi del mondo.

Anna, un lavoro enorme…

"Sì, l’impegno è davvero notevole. Da alcuni anni in questo campo vive un milione di persone. Si tratta di rifugiati Rohingya, provenienti dal confinante Myanmar (Birmania), una minoranza musulmana apolide".

Nel 2017, in meno di un mese, quasi 800.000 di loro fuggirono da quello che fino ad allora era il loro paese per approdare in Bangladesh che concesse lo spazio ma non l’integrazione. Quando potranno tornare indietro?

"Difficilissimo a dirsi. I tempi sono lunghi. Intanto bisogna pensare a loro e fornire a ciascuno, ogni giorno, i servizi-base: cibo, acqua, coperte, salute, educazione, protezione; per non parlare della manutenzione delle abitazioni che non di rado sono soggette a catastrofi naturali: inondazioni, incendi. Per ciascuno abbiamo l’equivalente di dieci dollari al mese che consentono il minimo vitale di 2200 calorie giornaliere. Senza questi aiuti non vivrebbero. Nessun altro li sostiene".

Una popolazione sfortunata e con pochi santi in paradiso. Qui l’Unione europea interviene con molti contributi che vengono poi praticamente gestiti da Onu e organizzazioni non governative umanitarie ma sotto la supervisione dell’Unione Europea attraverso l’ufficio diretto dalla Orlandini. Dunque una grande responsabilità. Anna è a Dacca dal febbraio 2022 e ci rimarrà (le missioni sono a rotazione pluriennale) fino a giugno dell’anno prossimo. Poi chissà, forse un avvicinamento (d’altra parte non dovrebbero esserci località più lontane) ma sempre una mèta collegata all’emergenza umanitaria secondo la mission del suo lavoro che si estende dall’Asia all’America meridionale, dall’Africa al Medioriente dove ha trascorso diversi anni operando in Siria e in Libano, altri due paesi non proprio tranquilli che si erano aggiunti al Sud Sudan, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo. "E’ un lavoro che mi piace moltissimo – riprende –, che coinvolge. Mi sento appagata da quello che faccio". Poi non è certo secondario il costante rapporto con colleghi di altre nazionalità europee in seno alla delegazione dell’Unione europea e con altri ancora, americani piuttosto che asiatici, durante gli incontri allargati nella capitale Dacca.

I risultati sono alla base di questo lavoro: "Quando vedo ciò che si riesce a realizzare con i nostri partner sono molto soddisfatta; è uno sforzo collettivo importante, efficace. Ma naturalmente c’è anche frustrazione quando ci si accorge che il sostegno che dai non è ancora abbastanza per le necessità che emergono". La sua è una coscienza umanitaria e civile, iniziata con una prima esperienza con Caritas in Rwanda nel 2007. In famiglia (i genitori Adriano e Luisa, molto radicati e conosciuti in città e la sorella Maria) sono ovviamente fieri di ciò che sta facendo Anna anche se talvolta preoccupati per il suo lavoro, non esattamente dietro l’angolo e in luoghi non sempre facili. In ogni caso per Anna Cento è il prezioso rifugio, naturalmente con le indiscusse radici.

Alberto Lazzarini