Il grande giorno della Cattedrale. La processione e le porte aperte: "Qui entra la vita da nove secoli"

La santa messa dopo cinque anni di chiusure e lavori per i danni subiti nel 2012 dal terremoto. La commozione dell’arcivescovo Perego: "Questo edificio è di tutti". Presenti i sindaci di città e provincia.

Il grande giorno della Cattedrale. La processione e le porte aperte: "Qui entra la vita da nove secoli"

Il grande giorno della Cattedrale. La processione e le porte aperte: "Qui entra la vita da nove secoli"

Bianchi

C’è una bambina che osserva incuriosita il viavai di gente davanti al portone spalancato del Duomo. Facce felici che le sorridono e le fanno ’ciao’ con la mano, c’è pure chi stringe quel curioso ramoscello d’ulivo. Lei si chiama Greta, grossomodo avrà 5-6 anni. "Mamma – chiede la piccola –, ma c’è una festa dentro questa chiesa?". La donna le sorride, le accarezza dolcemente i capelli: "Sì, amore. Oggi c’è la più bella di tutte feste perché questa grande chiesa, la più importante della città chiamata Cattedrale, riapre dopo tanti, tanti anni". Nel sorriso della piccola Greta è racchiusa tutta la bellezza di una giornata che difficilmente Ferrara, fedeli e non, potrà dimenticare. Il giorno, cinque anni dopo certosini lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza, della riapertura del tempio della Cattedrale. E al ’d-day’ non ha voluto mancare nessuno, nemmeno il vescovo emerito e amministratore apostolico di San Marino-Montefeltro, il ferrarese Andrea Turazzi, caldamente ringraziato dal padrone di casa, il vescovo Gian Carlo Perego durante l’omelia: "Ha voluto essere nella sua città per vivere questo grande evento di tutti".

LA STORIA

Già, tutti. Una parola che la Curia intera ha utilizzato ampiamente in questi giorni di preparazione, sottolineata ieri a gran voce dallo stesso Perego davanti a un edificio gremito come da tempi immemori non lo si ricordava: "Perché la Cattedrale – dice – è di tutti, accoglie tutti, aspetta tutti". E da quasi 900 anni (nel 2025) "con occhi e orecchie, vigila sulla nostra chiesa e sulla nostra città, casa di Dio e del suo popolo". Quando si "gridavano in piazza violenza e guerra", in Cattedrale "si chiedevano pace e rispetto". Quando si "umiliavano i poveri", nella sua pancia "si gridava dal pulpito giustizia". Ieri, afferma l’arcivescovo e presidente della Fondazione Migrantes, come oggi.

I VOLTI

La voce dei 13 cori – oltre 130 persone – scandisce i vari passaggi della solenne celebrazione, sull’altare è un viavai di sacerdoti, di doni portati da tutte le realtà diocesane (dall’Unitalsì all’Acr, dall’Associazione Shalom a Comunione Liberazione, da Rinnovamento nello spirito alla Pastorale giovanile) e dagli scout sotto l’attento sguardo di sindaci e di tutte le altre autorità sedute nelle prime file. È il momento del Vangelo, la Passione di Cristo, un delicato momento letto da quattro voci distinte. E nel racconto della Passione, lo puntualizza poi l’arcivescovo nell’omelia, "abbiamo incontrato i volti delle persone che hanno varcato le porte di questa Cattedrale". C’è la donna di Betania, "che regala il profumo al Signore; c’è nostro fratello Giuda, che pensa più al denaro che al gesto dell’amore e di donazione della donna; ci sono i discepoli che preparano la Pasqua; c’è la sicurezza di Pietro che diventerà la sua debolezza; la preghiera di Pietro, Giacomo, Giovanni che è breve e non accompagna la tristezza e il dolore di Gesù perché i tre si addormentano; ci sono i militari che arrestano Gesù". Poi anziani, sacerdoti, c’è Pilato, "politico insicuro che cerca la mediazione", donne e madri. C’è la folla.

TRE PORTE

Quella che allora come oggi "ha varcato le tre porte della Cattedrale (attualmente non ancora tutte aperte per ragioni di cantiere, ndr), per incontrare il Signore, ricevere il suo perdono, celebrare le coppie di sposi, affidare il proprio figlio appena nato, salutare i defunti". Da quelle porte "è entrata la vita e con lei tutti quei volti di una storia che si ripete". Da quasi 900 anni.