Schiacciato dal tir all’Interporto di Bologna, 8 indagati per la morte di Yaya

L’’accusa è omicidio colposo. Sotto la lente la sicurezza nel magazzino e i controlli sulle procedure. "Rischio sottovalutato e nessuna formazione per il carrellista"

Morte di Yaya all'Interporto, la manifestazione di protesta dell’ottobre del 2021

Morte di Yaya all'Interporto, la manifestazione di protesta dell’ottobre del 2021

Otto indagati per la tragedia di Yaya Yafa. Secondo la procura di Bologna avrebbero tutti avuto un ruolo nella morte del carrellista ventiduenne (nato in Guinea Bissau e residente a Ferrara) schiacciato da un camion in manovra al suo terzo giorno di lavoro all’Interporto di Bentivoglio.

A più di un anno e mezzo dall’infortunio fatale, il sostituto procuratore Michela Guidi ha chiuso le indagini su quanto accaduto quel maledetto 21 ottobre nell’hub della Sda Express Courier. Gli otto indagati sono accusati (a vario titolo) di omicidio colposo.

Sotto la lente della procura felsinea sono finiti Antonino Tita, responsabile delle operazioni hub Interporto blocco 13.4 di Sda e delegato per la sicurezza, Carlo Ludovici, datore di lavoro, Cristian Mancini, responsabile del magazzino e preposto di Dedalog, cooperativa di facchinaggio e logistica, Andrea Monticelli, amministratore delegato, David Nothacker, datore di lavoro di Senner Italia, società che affida servizi di trasporto a terzi, Mirko Melella, legale rappresentante della Tranporter Logistic e datore di lavoro degli ultimi due indagati, gli autisti Danilo Giarracca e Cosimo Palombella.

Gli inquirenti hanno chiamato in causa anche la Dedalog, alla quale viene contestata la responsabilità dell’ente nel reato ipotizzato. In particolare, secondo l’accusa, la società non avrebbe provveduto all’adeguata formazione del proprio dipendente "nell’interesse esclusivo dell’ente, atteso il risparmio di spesa". Nel delineare i contorni della tragedia, la procura ha acceso i riflettori sulla sicurezza del magazzino 9 di Sda e sulla filiera lavorativa nella quale il giovane carrellista era inserito, oltre a tutta la galassia di appalti e subappalti. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero, Yaya stava caricando un camion rimorchio al magazzino 9.

Mentre era all’interno del mezzo, i due camionisti avrebbero agganciato il trattore al rimorchio facendolo muovere. Il 22enne avrebbe sporto la testa all’esterno per vedere cosa stesse accadendo, rimanendo così schiacciato tra il rimorchio e il montante della baia di carico.

Agli indagati vengono contestate a vario titolo diverse condotte che, secondo l’accusa, avrebbero provocato la morte dell’operaio. Si va dal non aver adottato precauzioni sufficienti per ridurre al minimo il rischio di schiacciamento durante quel tipo di lavoro al non aver formato il lavoratore riguardo ai pericoli di quella mansione. Ma non è tutto.

Tra le presunte mancanze il pm rileva anche la carenza di informazione sulle procedure di accesso dei mezzi e lo scarso controllo sulle operazioni di carico e scarico.

La procura punta infine il dito contro la decisione di agganciare la motrice del tir al rimorchio nonostante in quella fase non fosse consentito.

La chiusura delle indagini mette un primo punto fermo al procedimento penale scaturito dalla morte del giovane operaio (i cui familiari sono assistiti per la parte penale dall’avvocato Riccardo Caniato e per il filone civile dal collega Tiziano Tagliani).

La notizia di quella vita spezzata troppo presto in quello che doveva essere un normale giorno di lavoro sconvolse i familiari e scosse l’intera città.

Pochi giorni dopo l’infortunio, infatti, decine e decine di persone scesero in piazza inscenando una manifestazione al grido di "Giustizia per Yaya", ennesima vittima di un lavoro che troppo spesso uccide.