"Picchiata con ferocia e pugnalata" Così è stata uccisa Paula Burci

I motivi per cui la Cassazione ha confermato l’ergastolo a Benazzo. Ma mancano ancora altri complici?

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di Cristina Rufini

"Prima immobilizzata, poi picchiata con brutalità alla testa e al volto, anche con un oggetto contundente, tanto da spaccarle quasi tutti i denti. E infine la pugnalata mortale al torace". Così è stata ammazzata Paula Burci, la prostituta romena di diciannove anni, – il cui corpo semi carbonizzato fu trovato il 24 marzo del 2008 – secondo la ricostruzione che è stata fatta propria dai giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte e di recente resa nota. Un delitto efferato che si è consumato nel mondo della prostituzioni. Paula ha pagato con la vita la ribellione ai sui protettori Sergio Benazzo, appunto, e la ex compagna Gianina Pistroescu, anche lei condanna all’ergastolo. La giovanissima lucciola – secondo quanto ricostruito anche nelle venti pagine delle motivazioni di condanna di Benazzo – era stata venduta dalla coppia rodigina, che viveva a Villadose, ad altri personaggi che gravitavano nello squallore dello sfruttamento della prostituzione, per pagare un debito. "Questi dovevano soldi ad alcuni soggetti albanesi o marocchini - si legge nelle motivazioni degli ermellini ed avevano pertanto ceduto la ragazza affinché si prostituisse per loro, ripagando così il debito che aveva contratto Benazzo". Ma la ragazza dopo un breve periodo di tempo era fuggita dall’albergo dove era costretta a vivere e prostituirsi, per tornare a casa di Benazzo e Pistroescu perché non voleva anche assumere e spacciare droga. Così aveva chiesto di essere aiutata a tornare in Romania. Impossibile, ovviamente. Per questo, quindi, la diciannovenne – in base alla ricostruzione del delitto ormai definitiva – sarebbe stata brutalmente uccisa a Villadose "con un’azione collettiva" e poi il corpo trasportato e dato alle fiamme sull’argine del Po di Zoca, dove sarà scoperto per caso il 24 marzo del 2008. Mentre la sua ultima telefonata riscontrabile risalirebbe al febbraio precedente. "La sentenza impugnata dalla difesa – concludono i giudici della Corte di Cassazione – non presta il fianco ad alcun vizio rilevabile in sede di legittimità, avendo ricostruito in maniera logica e non contradditoria gli elementi a riscontro della dichiarazioni fatte dallo detenuta romena che aveva raccolto le confidenze della Pistroescu. Si chiude così la tragica vicenda gidiziaria che ha ruotato attorno al truce delitto della povera ragazza che aveva osato ribellarsi. Pur restando aperto qualche interrogativo su quell’"azione collettiva" sottolineata anche dai giudici della Corte suprema. Che sia da circoscrivere soltanto a Benazzo e Pistroescu l’efferato delitto, essendo entrambi destinatari del ’fine pena mai’? Oppure insieme a loro c’erano complici non identificati? Nel corso degli accertamenti sui resti del corpo, infatti, sotto le unghie gli investigatori avrebbero rilevato tracce di due differenti dna maschili che non corrispondono a Benazzo. Alcuni dei suoi assassini sono quindi ancora in libertà?