FRANCESCO FRANCHELLA
Cronaca

Riapre San Paolo, il gioiello artistico degli Este

Restituita ai fedeli dopo i lavori, è considerata il Pantheon di Ferrara. L’arcivescovo: "Un patrimonio di fede che illumina la storia"

Riapre San Paolo, il gioiello artistico degli Este

Riapre San Paolo, il gioiello artistico degli Este

Ogni città ha il suo Pantheon ideale. Un luogo fisico che ha attraversato le epoche, che è sopravvissuto alla natura e all’uomo, che ha superato terremoti e dittature. Per Ferrara, questo Pantheon – e non solo perché ospita le sepolture illustri della cultura ferrarese – è la chiesa di San Paolo, da ieri restituita alla cittadinanza, che, in attesa della fine dei restauri delle pale d’altare, è potuta tornare in chiesa per la celebrazione eucaristica. Una celebrazione molto partecipata – la chiesa straripante di persone, sedute o in piedi ai lati delle navate – e presieduta dal vescovo Gian Carlo Perego, alla presenza delle autorità religiose e civili, ma soprattutto di tante e di tanti cittadine e cittadini, spesso alle prese con il proprio cellulare per filmare i momenti più emozionanti della funzione, ma anche l’umano miracolo che arte e architettura esibiscono, in San Paolo come in pochi altri monumenti ferraresi. L’edificio era chiuso già da metà degli anni Duemila, ben prima del sisma. La sua situazione si è poi aggravata dalle lesioni dovute alle scosse del 2012. A febbraio di quest’anno è stata dichiarata la fine del complesso di lavori che ha interessato la chiesa situata in piazzetta Alberto Schiatti. Esatto, Alberto Schiatti, ovvero l’architetto a cui i carmelitani di San Paolo, dopo il terremoto del 1570, affidarono la ricostruzione del complesso, che comunque si può considerare tra i più antichi sorti a Ferrara, presente già nel X secolo.

La rinascita completa dell’edificio, dopo le distruzioni dovute al sisma, si ebbe nel 1611, quando ormai gli estensi se n’erano andati dalla città. Eppure, la chiesa di San Paolo era tra le più care agli Este, fin dal Quattrocento, fin dai tempi di un personaggio come Giovanni Battista Panetti, forse l’unico non citato ieri tra i grandi che segnarono la storia di San Paolo. Oltre a essere stato per ben sei volte decano della facoltà di teologia dei carmelitani, Panetti fu eletto a più riprese, tra il 1468 e il 1497 (data della sua morte) priore del convento. Non solo. Giovanni Battista Panetti amava frequentare i grandi intellettuali della corte, nei quali d’altronde lo si può annoverare, ed era esimio conoscitore e traduttore del greco antico. Era molto legato al duca Ercole I d’Este, del quale fu anche consigliere segreto. Non l’ultima delle cariche. Per Ercole, poi, tradusse in volgare le Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio. Forte era il suo rapporto con i libri: come Cesare Augusto, che dicono si vantasse di aver trovato una Roma in mattoni e di averla lasciata di marmo, anche Giovanni Battista possiamo pensare si vantasse di aver trovato una biblioteca scarna, in San Paolo, e di averla lasciata arricchita di più di 700 volumi. Volumi di alcuni dei più grandi umanisti dell’epoca, tra i quali lo stesso Guarino Veronese, sepolto – guarda caso – a San Paolo. Il paragone con l’antichità augustea non è casuale: è dall’inizio che si parla di Pantheon. E ancor più evidente risulta il paragone se si guarda il catino absidale della chiesa: decorato dallo Scarsellino allo scadere del XVI secolo, quel sant’Elia rapito al cielo, sopra un carro trainato da 4 cavalli, potrebbe benissimo essere il dio Apollo, pronto a trascinare il sole lungo la volta celeste.

L’affresco, "che presenta la novità di una decorazione absidale quasi completamente paesaggistica" (Maria Angela Novelli), non piacque all’epoca per la stessa ragione per cui oggi suscita un sentimento unico: perché la predominanza del paesaggio ha l’effetto di far sentire noi, che lo osserviamo, il perno di quel paesaggio. Al centro della chiesa, quindi, c’è strettamente l’uomo, nella misura dei fedeli accorsi ieri, accompagnati dai figuranti del rione contrada di San Paolo, vestiti secondo il costume antico. "La chiesa della Conversione di San Paolo oggi ritorna nel suo splendore – ha detto l’arcivescovo nella sua omelia – e ci regala un patrimonio di fede che illumina la nostra storia. Un tesoro artistico particolarmente amato dalla casa d’Este".