"Con quest’ultimo, tragico incidente, abbiamo già raggiunto quota tre vittime di scontri in moto o scooter. La stessa cifra di tutto il 2022, con la differenza che alla fine di quest’anno mancano ancora mesi".
Il riferimento va allo schianto di due giorni fa, in via Eridano, in seguito al quale ha perso la vita il 40enne Vincenzo Fabrizio Bufano, originario di Foggia e da qualche anno residente a Ferrara. Luigi Antonio Ciannilli, per anni presidente del Comitato Paglierini, non esita a precisare: "È poi sempre facile scaricare la colpa su chi è alla guida in quel momento, a prescindere dal mezzo coinvolto, piuttosto che alle condizioni delle nostre strade". Fermo restando che "spesso su due ruote, e vale per moto e scooter ma anche bici e monopattini, ci si sente più agili e quindi più sicuri. Non c’è nulla di più sbagliato". Questo non rende meno valida, tuttavia, la distinzione "tra la causa dell’incidente e quella della morte – prosegue –. Per quest’ultima basta, faccio un esempio, che l’erba ai lati della strada sia troppo alta. O che altri elementi comunque ostruiscano la visuale".
Quello di martedì è il terzo incidente in provincia di Ferrara con vittima un motociclista, nell’arco solo degli ultimi due mesi (in tutto, finora, sono stati 9 gli scontri mortali su strada avvenuti nel 2023). A perdere la vita in zona Lido di Spina, il 2 giugno scorso, è stato il 37enne Samuele Saia; la sua moto Kawasaki si è scontrata con una Renault Clio, guidata da una ragazza di 26 anni, e per lui non c’è stato nulla da fare. Sempre sui lidi, poco più di dieci giorni fa, un’altra tragedia: 15 luglio 2023, sabato sera, un ragazzo in sella al suo scooter T-Max si scontra con una Golf. L’impatto è così forte che Michele Picciafoco, 29 anni, è morto sul colpo.
"Da aprile in poi, e in particolare nelle zone balneari, c’è sempre un’intensificazione di incidenti come questi" puntualizza il presidente dell’Osservatorio regionale per la sicurezza stradale, Mauro Sorbi. "Tra l’altro – aggiunge – per chi guida lo scooter è ancora permesso l’uso del casco, cosiddetto, ’a scodella’. Un modello che garantisce, com’è ovvio, una protezione molto minore rispetto all’integrale, e tra l’altro da la possibilità di portare avanti una pessima abitudine: quella di tenere il cellulare infilato dentro il casco e appoggiato all’orecchio, per poter comunque parlare mentre si guida". Fatti salvi gli interventi citati poc’anzi, soprattutto dove c’è un’indagine in corso per omicidio stradale come per l’incidente di martedì, per Sorbi una lettura d’obbligo è di tipo culturale. "Persiste una sorta di impunità mentale – spiega – per cui ognuno crede, in sostanza, di poter fare ciò che vuole. E questo pensiero viene agevolato dal fatto che i controlli stradali, pur se la causa è la carenza di personale, sono troppo pochi". Niente accertamenti, quindi niente paura di incorrere in sanzioni o peggio.
"Mi limito a considerare – riferisce infine – che la prima causa di incidenti in Italia, e lo dicono i dati Istat, non è più l’eccesso di velocità, bensì la mancata precedenza e il passaggio col semaforo rosso". Questo mette sul piatto altre due valutazioni: "La prima è che l’eccesso di velocità resta comunque una problematica da non sottovalutare – dice – ma soprattutto, questi dati ci dicono che spesso non ci si rende nemmeno conto di quanto si sta andando forte. Che sia per dare la precedenza o addirittura per fermarsi con il rosso, nonostante in quest’ultimo caso la sanzione preveda anche una riduzione dei punti della patente".