La Cà del Liscio, storica balera romagnola, fondata a Ravenna nel 1976 da Raoul Casadei, ha spento la musica ed è finita all’asta. Cosa sarà di lei nessuno lo sa. Il proprietario della mega struttura, tempio appunto del ballo liscio, per decenni simbolo della Romagna, arriva da una gestione complicata e quindi la società (il gruppo pesarese Angeletti) è stata ammessa al concordato di continuità. La stima del tribunale è di 4,7 milioni di euro. Al posto della balera potrebbe nascere di tutto: una nuova discoteca ma anche locali di altro tipo oppure semplicemente case. Nessuna istituzione si è fatta avanti anche solo per dire: salviamola. Unica voce, quella del figlio di Raoul, Mirko Casadei, che si è offerto di collaborare coi nuovi acquirenti (se ci saranno) per riportarla ‘ai fasti del passato’. ‘Ci vorrebbe – ha detto – un’idea innovativa e molto forte per valorizzare anche la nostra musica, il liscio’.
La Cà del Liscio non è una semplice discoteca, quattro mura in mezzo alla campagna dove ogni tanto si va a ballare. La Cà del Liscio è stata un mito, il cuore pulsante di un ballo della tradizione romagnola, qualcosa da tenere stretto perché la propria storia non va dimenticata. E infatti, l’ex assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, Mauro Felicori, aveva lanciato la proposta di candidare il liscio a diventare un ‘patrimonio immateriale’ dell’Unesco, un progetto sostenuto da una massiccia campagna di comunicazione e riassunto in un dettagliato sito internet. Un’idea, disse, per ‘sottolineare quanto questa tradizione (il liscio appunto) sia viva: non è solo un modo di fare musica o danzare, ma anche di vivere e condividere con calore, allegria, dedizione’. Tutto condivisibile, ma poi? Niente, solo silenzio anche su questo progetto. Così come da nessuna istituzione – da Ravenna a Bologna a Cesena – è arrivata anche solo una proposta per rimettere in vita la Cà del Liscio o un appello a qualcuno che lì ricrei un luogo dedicato al liscio e al ballo. Niente musica, quindi. E nessuna idea per il futuro. Con la prospettiva che della Cà del Liscio restino solo alcune foto in bianco e nero. E che del progetto di candidare il liscio a patrimonio dell’Unesco rimanga solo traccia su internet, con un sito che adesso non si sa bene a cosa serva.