FEDERICO MALAVASI
Cronaca

La truffa delle azioni mai quotate: “Riconosciuti vittime del raggiro, ma lo Stato nega il risarcimento”

Anche alcuni ferraresi erano caduti nella trappola. Scoperti i responsabili, ora è un’odissea riavere i soldi. Il legale di un investitore: “Abbiamo fatto richiesta, ma il tribunale ha rigettato. Un paradosso”

Sulla vicenda ha indagato la guardia di finanza. L’inchiesta è stata coordinata dalla procura di Como

Sulla vicenda ha indagato la guardia di finanza. L’inchiesta è stata coordinata dalla procura di Como

Ferrara, 10 giugno 2024 – Un investimento all’apparenza redditizio ma che alla fine si rivela essere una truffa, la lunga e complessa battaglia giudiziaria per risalire ai responsabili del raggiro e, infine, la doccia gelata.

Impossibile riavere il maltolto, nonostante importanti confische di beni a carico degli imputati. È una vicenda che ha dell’assurdo quella accaduta ad alcuni ferraresi che avevano investito i propri risparmi – insieme ad altre 160 persone in tutta Italia – in una società estone, la Ixellion, attiva nel settore dell’innovazione tecnologica ma in realtà mai quotata in borsa. Oggi infatti, a procedimento penale ormai concluso con il patteggiamento dei responsabili della società, le vittime si trovano ancora con un pugno di mosche. E questo nonostante il denaro per risarcirli ci sia. “Queste persone si trovano a essere danneggiate due volte” è la sintesi lapidaria dell’avvocato Silvia Gamberoni, che assiste, tra gli altri, anche uno dei truffati ferraresi.

Per comprendere meglio i contorni della complessa vicenda bisogna fare un passo indietro. Risparmiatori da tutta Italia si fanno convincere a investire importati somme acquistando azioni di una società che avrebbe dovuto a breve essere quotata in borsa. Inutile dire che la promessa è quella di lauti guadagni. Peccato che in borsa quella società non ci approderà mai. Col passare del tempo, gli investitori si accorgono che qualcosa non va e iniziano a fioccare esposti e denunce.

La procura di Como (competente per la zona da cui era partito il presunto raggiro) avvia un procedimento penale che si conclude con il patteggiamento dei due imputati, marito e moglie, accusati a vario titolo di truffa, abusivismo finanziario e autoriciclaggio. Quando finiscono nella rete dei finanzieri i due hanno già incassato quattro milioni di euro. Denaro che sarebbe poi stato utilizzato per altri fini, tra cui l’acquisto di immobili, gioielli o auto di lusso. Il procedimento si chiude con un patteggiamento (lui tre anni e nove mesi, lei due anni e otto). Il tribunale dispone anche la confisca dei beni riconducibili agli imputati, poi andati all’asta e il ricavato confluito nel Fondo di giustizia.

Il caso sembra chiuso nel migliore dei modi per le persone offese. In realtà, la vera salita inizia solo ora. Appreso delle confische, alcuni azionisti si rivolgono all’avvocato Gamberoni per valutare la possibilità di riottenere il denaro investito. La prima mossa è un incidente di esecuzione, attraverso il quale si domanda al gip di Como di riottenere quanto versato. La prima istanza viene bocciata. Gamberoni non demorde e si oppone all’atto del giudice. Altra bocciatura. L’ultima carta è il ricorso per Cassazione, con udienza fissata il 20 giugno. “È una vicenda incredibile – commenta il legale –. I miei assistiti vengono riconosciuti come persone offese ma non possono essere risarciti. Un paradosso”.