Archivio sott’acqua "Via Asiago era a rischio Noi l’abbiamo detto al Comune fin dal 2002"

Archivio sott’acqua  "Via Asiago era a rischio  Noi l’abbiamo detto  al Comune fin dal 2002"

Archivio sott’acqua "Via Asiago era a rischio Noi l’abbiamo detto al Comune fin dal 2002"

di Sofia Nardi

"Noi l’avevamo detto che l’archivio non avrebbe dovuto essere spostato in via Asiago, ma nessuno ci ha ascoltato". A parlare sono due archivisti storici del Comune, Sauro Bombardi e Daniele Valentini, oggi entrambi in pensione. Il loro è quasi un grido di dolore: "Quando abbiamo visto quello che era successo ci è venuto un groppo in gola che non se ne va". Faldoni sfasciati, molte pagine ormai ridotte a cartapesta e volumi incrostati di fango… I documenti dell’archivio generale del Comune di Forlì sono stati travolti dalla piena.

"In origine – racconta Bombardi, che ha lavorato come archivista a Forlì per 23 anni, fino al 2010 – gli uffici erano in piazzetta della Misura e i depositi dislocati in diverse sedi di Forlì. Nel 2002, poi, ha avuto luogo il trasferimento in via Asiago, nella sede dell’ex poltronificio Spazzoli, preso in affitto dal Comune". Una scelta che né lui né il suo collega Daniele Valentini, assunto come archivista nel 1986 e diventato responsabile nel 1995, hanno approvato. "Io – spiega Bombardi – ero al tavolo delle trattative come Rsu della Uil ed ero anche responsabile della sicurezza. Chiesi subito di avere accesso ai documenti e così ebbi il piano regolatore riferito al pericolo di alluvione: sulla carta via Asiago era completamente rossa, perché quella è una zona altamente alluvionale. Feci subito le mie rimostranze e chiesi se ci fossero eventuali pericoli per i dipendenti. Mi risposero di no e mi è parso che nessuno abbia mai nemmeno approfondito. Tutti sapevano, ma nessuno ha fatto niente".

I permessi della Soprintendenza Archivistica per realizzare l’archivio in via Asiago? "Non dubito che ci fossero – conferma Bombardi –, ma non so quanto a fondo fosse stata ponderata la decisione, data l’indubbia pericolosità del luogo".

Rincara la dose l’ex collega Daniele Valentini: "Che il poltronificio non fosse adatto si sapeva, tant’è che mi dissero che in passato quegli spazi avevano già avuto un problema di allagamento. In città c’erano anche diverse alternative e ci sarebbe anche stata la possibilità di costruire uno stabile ad hoc in un terreno già comunale, vicino a via Copernico. Lo feci più volte presente al dirigente La Forgia, ma non se ne fece mai nulla". Qualche anno dopo, poi, in Comune si prese la decisione di spostare all’archivio generale anche un fondo della biblioteca Saffi e dei pezzi del deposito della pinacoteca: "In quell’occasione – racconta Valentini – mi innervosii. Dissi che avrei chiamato la Soprintendenza Archivistica perché unire diversi archivi e depositi non è corretto né dal punto di vista della sicurezza, né per questioni di ordine e consultabilità: ogni fondo deve avere una sua collocazione specifica. Era il 2005 e dopo pochi giorni, non ho mai saputo perché, fui rimosso dall’incarico che amavo e che avevo svolto per una vita e fui trasferito all’ufficio Protocollo e Urbanistica".

Valentini – come anche il collega Bombardi – conosce ancora a memoria la maggior parte dei fascicoli e ora è ammutolito di fronte a un disastro che, ai suoi occhi, era annunciato: "Qualcuno, in passato, ha trattato l’archivio come un peso, e quando si trattano la storia e la documentazione di una città come un peso vuol dire che non si hanno lungimiranza e futuro".