Caterina Sforza

Gli studenti hanno riflettuto sul fenomeno del bullismo e i maltrattamenti anche psicologici che passano attraverso le nuove tecnologie

Caterina Sforza

Caterina Sforza

Quando si parla di violenza, si pensa subito a forme di aggressioni fisiche e sessuali. Eppure la violenza può presentarsi in molte forme, alcune delle quali non visibili, che possiamo trovare ovunque, nei video, nelle canzoni che ascoltiamo, nelle serie tv, nei podcast. Se tutti noi vogliamo combattere la violenza, dobbiamo imparare a leggerla, soprattutto noi giovani, che abbiamo occhi buoni e presto saremo chiamati a formare una società migliore. Meglio cominciare subito, perché il lavoro sembra lungo. Cominciamo dalla lingua, cominciamo dalle relazioni di amicizia.

Noi spesso usiamo la formula ’la mia/il mio migliore amico’. Poi può capitare che il “mio” migliore amico mi faccia una telefonata in meno, non mi mandi un messaggino su whatsapp con tanti cuori, esca con altri e io mi arrabbio. Può succedere che ci litigo, che rompo l’amicizia. Può pure capitare che comincio a sparlare di lui, per vendetta. Ecco, questa è già una forma di violenza nascosta.

Se utilizziamo il termine ’mio’ con un senso eccessivo di possesso, riferendoci ad una persona, possiamo diventare gelosi o invidiosi, limitare la libertà dell’altro, anche cercando di isolarlo. Nel tempo queste relazioni possessive possono diventare tossiche, allora è importante mantenere un rapporto di fiducia, rispetto reciproco e indipendenza interpersonale. Pensare che il ’mio’ migliore amico possa avere tanti altri migliori amici, capire che il cuore umano può essere veramente grandissimo e che c’è posto per tutti è già un passo avanti contro la violenza.

Dall’uso morboso e possessivo della parola ’mio’ all’odiosa violenza di genere, il passo è breve, così come breve è il passo dall’indifferenza alla violenza psicologica, a quella fisica e viceversa: la violenza ha tante, troppe facce, si può nascondere nella leggerezza con cui a volte ci prendiamo in giro, deridiamo qualcuno, ridiamo dei mille video che ci capitano sui social frequentati da noi ragazzi, o nelle canzoni trap che ascoltiamo. Queste ultime hanno un grande successo tra noi giovani, ma molto spesso parlano di violenza. È vero che la libertà di espressione è un diritto fondamentale e costituzionale, che l’arte deve essere libera ma libertà significa anche responsabilità e mettere in musica parole come ’la sbatto contro il muro, tolgo il fondotinta con la forza dei miei schiaffi’ (dal testo del brano Yolandi di Skiofi) non è certo un invito al rispetto e alla non violenza.

Un altro esempio di violenza subdola: l’indifferenza. Qualche mese fa in una scuola in provincia di Brescia, una 15enne, per gelosia, ha accoltellato una 14enne mentre gli amici stavano lì fermi, a guardare, filmando coi cellulari la scena. Il video poi ha fatto il giro dei social e nei commenti si continuava a inveire contro la compagna colpita.

A parte il fatto in sé, il tentato omicidio, che si commenta da solo e di cui si occuperà la giustizia, quello che è altrettanto orribile, a nostro parere, è chi era lì ed ha filmato il tutto senza pietà, invece che agire. Il fatto accaduto non era davanti a uno schermo ma davanti agli occhi di decine di coetanei e compagni delle due ragazze: potevano fare qualcosa, ma nessuno ha fatto nulla. Quello che è accaduto è anche colpa di chi, indifferente o divertito, non ha fatto niente per evitarlo, ma ha

pensato solo a qualche like.

Allora basta. Facciamo attenzione. Ecco alcune cose che possiamo fare contro la violenza nel nostro piccolo quotidiano: stop alle risse e agli attacchi fisici, stop alle parole, leggere ma feroci, che fanno male, come ’ciccione’, ’sfigato’, ’loser’, accettiamo che il nostro migliore amico abbia altri migliori amici e gioiamo per lui, per la sua felicità, impariamo a perdere un amore, blocchiamo i video dove c’è odio, derisione e umiliazione. Infine, apriamo gli occhi e il cuore.

Classe 2ªD