La carica dei volontari in cucina Il Villa Romiti? Una grande mensa

Il palasport è uno dei cinque punti in città che rifornisce chi è rimasto senza casa. E aiuta anche chi è in azione

La carica dei volontari in cucina  Il Villa Romiti? Una grande mensa

La carica dei volontari in cucina Il Villa Romiti? Una grande mensa

di Sofia Nardi

"Scola la pasta, che è cotta". La frase rimanda a un’espressione familiare e quotidiana eppure tutto, in queste settimane, sembra aver conservato un’aderenza con la normalità. È mezzogiorno, quasi ora di pranzo, e siamo al Villa Romiti di via Sapinia. Il palasport è uno dei cinque punti designati per la distribuzione dei viveri e dei beni di prima necessità a chi, in queste ore, sta facendo i conti con il fango e l’acqua e, in alcuni casi, ha perso la sua abitazione. Gli altri punti dove ritirare beni di prima necessità sono alla Cava (via Sillaro 42), a Villanova (viale Bologna 332), San Benedetto (via Lunga 43) e Schiavonia-San Biagio (via Autoparco).

A gestire la distribuzione, ancora una volta, sono i volontari, in questo caso di Agesci, Caritas, Croce Rossa e Misericordi,a che sono al lavoro quasi non stop ogni giorno dalle 10 alle 18. A pochi passi dall’ingresso, all’ombra della scala del palazzetto, lavorano due addetti in giubbino fluorescente: distribuiscono pale e stivali a chi è destinato a liberare cantine e cortili carichi di melma e segnano nomi e numeri di telefono su un quadernone a quadretti, cercando di trovare una parentesi di ordine nel disordine. Dietro di loro, su un tavolo di plastica, tre persone preparano i panini e li avvolgono nella carta argentata.

Mentre sono al lavoro arriva una donna: "Posso lasciarvi queste? Sono duecento piadine che ho preparato io, so che non è molto". Duecento piadine sono un numero impressionante, in effetti, ma, a conferma che ogni cosa è relativa, in questo contesto davvero non sono ‘troppo’: le persone continuano ad arrivare di continuo, per mettersi subito in fila al tavolone dove senza tregua si continuano a vuotare pacchi di pasta in una grande pentola che, verosimilmente, in passato è servita per le cucine di qualche sagra di quartiere. "Io ho bisogno di dodici vaschette, le porto più giù, qui in via Isonzo", "A me ne bastano sette", "Per me quattordici, vado da quattro famiglie". Si tratta perlopiù di persone che si fanno carico di aiutare altri che ancora non si possono muovere agevolmente da casa, o che sono impegnati nelle operazioni di pulizia.

Poi ci sono i volontari: arrivano con gli stivali appesantiti dal limo e gli abiti dai colori irriconoscibili per i molti strati incrostati e anche loro devono mangiare prima di rimettersi all’opera. In fila, seduti su un muretto all’ombra, si concede una pausa pure una squadra di vigili del fuoco. I cuochi, nonostante la situazione, non rinunciano al gusto: preparano ragù e sughi al pomodoro, o al tonno, si informano su chi ha esigenze alimentari particolari e si premurano di amalgamare bene i maccheroni con i condimenti. "Presto si diffonderà la voce che qua si mangia troppo bene e la gente arriverà a frotte", ridono continuando a spadellare. Il vapore della pasta appena scolata riempie l’aria, insieme all’aroma di ragù.

Ci sono momenti in cui sembra di essere a una festa di paese, fino a che qualcuno, in fila per la sua porzione, si lascia andare alla voglia di confidarsi e per un attimo abbandona il sorriso, rompendo l’illusione: "Ho perso tutto, non ho più niente. Ogni cosa è da buttare e la mia casa è inagibile. In questi giorni stanno impedendo di entrare coi mezzi nella mia via, così non posso portare fuori nulla. Tutto è lì a marcire. Ringrazio solo di essere ancora vivo e la bellezza di questa rete di solidarietà che ci permette, nonostante tutto, di guardare avanti".