La ‘ruota degli esposti’: "Non la si può lodare". "Ma salvò vite"

Proposta di targa per la ruota degli esposti a Forlì: polemiche sull'ubicazione e significato storico. Articolo critica le affermazioni di Gabriele Zelli sull'argomento.

Nei giorni scorsi è stata avanzata la proposta di evidenziare con una targa il luogo dov’era un tempo collocata la ruota in cui venivano lasciati gli esposti, cioè gli infanti che venivano abbandonati. La richiesta era corredata da un indicazione del posto corrispondente alla facciata di Palazzo Merenda, l’ex Casa di Dio, cioè la prima vera sede ospedaliera di Forlì, e da una foto. I proponenti hanno sbagliato sia la posizione sia la fotografia, in quanto la ruota era collocata in via San Pellegrino Laziosi, in posizione leggermente scostata rispetto alla strada principale e non su quello che ora è corso della Repubblica.

Si trattava di una bussola girevole di forma cilindrica divisa in due parti: una rivolta verso l’esterno e una verso l’interno. Di solito, attraverso uno sportello, era possibile collocare gli esposti senza essere visti dall’interno. Facendo girare la ruota, essa andava a combaciare con un’apertura all’interno, dove lo sportello veniva aperto e al neonato potevano essere assicurate le cure necessarie. All’interno dei locali del piano terra di Palazzo Merenda si può ancora vedere lo spazio occupato da quella che è stata l’emblema di una vera e propria vergogna nazionale, che negava il diritto di vedere accertata la paternità di ogni bambino. Storicamente non va sicuramente considerata un segno di progresso e di civiltà. Spesso vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire che era stato lasciato un neonato e anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere, dove mettere offerte per sostenere chi si prendeva cura degli esposti. Solitamente nella ruota assieme al neonato venivano lasciati monili, documenti o altri segni distintivi che potevano servire per un eventuale successivo riconoscimento.

Invece di lodare la ruota, per aprirne delle altre, si dovrebbe promuovere il diritto della donna a partorire in ospedale assicurandole ogni aspetto clinico e si dovrebbe mettere tutte a conoscenza dell’eventuale possibilità di non riconoscere il figlio, come codificato dalla legislazione vigente.

Gabriele Zelli

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Ci dispiace che Gabriele Zelli risponda in maniera così scomposta al nostro intervento sulla ‘ruota degli esposti’ di palazzo Merenda. Basta digitare su Google: ’ruota degli esposti di Forlì’, per essere rimandati al post di una pagina di storia forlivese contenente la citazione di una pubblicazione di S. Spada, ’Agenda storica di Forlì, 1996’, che descrive la ruota come "un vano girevole ricavato nel muro esterno dell’edificio della Casa di Dio, nell’attuale corso della Repubblica". Forse un ampliamento dell’ospedale, avvenuto un secolo dopo la sua costruzione e riguardante un’area dedicata agli ‘esposti’, determinò lo spostamento laterale della ruota, ma la vera questione non è tanto l’ubicazione della stessa, quanto ciò che il solo menzionarla ha provocato, ovvero le gravi affermazioni di Zelli che, definendola una vergogna umana e sociale, offende sia il metodo storico sia i cittadini che a quella ruota devono il loro nome e la loro storia familiare.

La ruota degli esposti dei secoli scorsi offriva esattamente le stesse garanzie dell’attuale parto in anonimato, permettendo di non riconoscere un proprio figlio evitandone la soppressione. Quale sarebbe stata l’alternativa, se non quella di trovare innumerevoli corpicini esanimi nella spazzatura, nei fiumi, nei fossi? La vergogna umana e sociale, dunque, non era certo la ruota come afferma Zelli, ma il terribile delitto di infanticidio che essa arginava efficacemente grazie alla sua presenza in tutti gli ospedali.

Tra le pubblicazioni di Zelli ci sono anche volumi dedicati ai personaggi di Forlì, donne e uomini che hanno costruito l’anima della città. Quanti di questi personaggi dovevano il loro cognome al primo gesto di pietà che caratterizzò la loro nascita? E quanti di loro avranno avuto come antenati dei Casadei, Casadio, Servadei, Amadio, Amadori, Bentivogli, cognomi ancora diffusi nel nostro territorio? Definire una vergogna lo strumento che ha permesso la vita di moltissimi forlivesi è caduta di stile e mancanza di coerenza.

Popolo della Famiglia Forlì