La tesi del complotto. Così i difensori puntano a smantellare l’accusa: "Ignorate altre piste"

Prima udienza dedicata ai testimoni chiamati in aula dagli avvocati dell’imputato Daniele Severi. "La targa dell’auto del nostro assistito non si vede mai. E ci sono minacce mai prese in esame".

La tesi del complotto. Così i difensori puntano a smantellare l’accusa: "Ignorate altre piste"

La tesi del complotto. Così i difensori puntano a smantellare l’accusa: "Ignorate altre piste"

La difesa punta ad abbattere la fortezza dell’accusa partendo dai testimoni che stanno dalla parte dell’accusa stessa. Cioè i carabinieri. Nella prima udienza dedicata ai testi convocati dai legali di Daniele Severi, gli avvocati Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti (sempre con al loro fianco l’imputato in completa tinta grigia) proseguono lungo il proprio spazio vitale: l’ipotesi del complotto.

Ossia: Daniele sarebbe stato fin dall’inizio scaraventato al centro della scena come unico sospettato dell’assassinio del fratello Franco. Il maresciallo Marco Buconi, storico comandante della stazione dei carabinieri di Civitella, è il primo militare ad affacciarsi sul luogo del delitto. È il 22 giugno 2022, sono circa le nove di sera. Buconi viene avvisato dalla centrale di Meldola. "Trovai il cadavere nel dirupo...". L’avvocata Corsetti afferra il microfono: "Maresciallo ma perché lei ha immediatamente instillato ai suoi colleghi che il sospettato del delitto fosse Daniele Severi?". Il maresciallo in un sospiro tira i labbri solleva i sopraccigli e misura la replica: "Io non ho instillato nessun sospetto a nessuno...". La domanda di Corsetti delinea il quadro su cui poggia il tema innocentista: Daniele sarebbe stato cioè vittima di "un’indagine preconfezionata" dalla procura; ovvero, la pm Federica Messina avrebbe "ignorato ogni altra pista investigativa".

Corsetti focalizza "alcune minacce" subite dall’assassinato da parte del fratello d’un ragazzo morto in un incidente stradale andandosi a schiantare contro un mezzo agricolo condotto dallo stesso Franco. Buconi non ne sa nulla. Quindi il maresciallo viene stimolato su altro episodio: una bambola erotica con la testa svitata (immagine che preconizza il futuro corpo decollato di Franco) trovata nel 2018 in una cassetta su una strada vicina alla carrettiera che sfocia al fondo agricolo scenario dell’omicidio; per il maresciallo Buconi "quella bambola non aveva nessuna attinenza con Franco Severi, tanto che la smaltimmo come rifiuto…".

L’attenzione si sposta poi sui video del percorso fatto dall’auto dell’imputato il 21 e il 22 giugno, i giorni in cui venne commesso l’assassinio. L’avvocato Pompignoli a un un paio di carabinieri chiede: "Ma la targa della Panda di Daniele è visibile?". La risposta è sempre quella: "No la targa non è visibile". C’è pure un tragitto alternativo che l’assassino (ignoto, per la difesa) potrebbe avere percorso: quello che congiunge il fondo agricolo di Franco non alla Bidentina ma al versante opposto, quello di Voltre. "Ci sono telecamere in quel tratto?". Secondo il maresciallo dei carabinieri forestali, Michele Camporesi, "no, lì non ci sono telecamere". L’avvocato di parte civile, Max Starni, fa rilevare che Daniele quella stessa strada "l’ha percorsa nel febbraio 2022". Ma per Pompignoli conta sempre il fatto che "su quel tragitto alternativo non ci siano telecamere, secondo i carabinieri…"; lasciando così presagire (chissà) che invece le indagini difensive svolte avrebbero portato a un’altra conclusione. Ma questo lo si scoprirà solo quando verranno sentiti i detective privati dei legali dell’imputato, a fine marzo.

Maurizio Burnacci