Lungo il fiume Ronco. Argini ripuliti dagli alberi. Tronchi accatastati e frane lungo le sponde

Disboscamento da Borgo Sisa e Durazzanino fino a Ravenna: adesso sono centinaia le piante e i rami depositati, anche a filo d’acqua. L’esperto: "Situazione pericolosa in caso di piene, anche per la strada".

Lungo il fiume Ronco. Argini ripuliti dagli alberi. Tronchi accatastati e frane lungo le sponde

Lungo il fiume Ronco. Argini ripuliti dagli alberi. Tronchi accatastati e frane lungo le sponde

È evidente il cambio di scenario lungo la statale Ravegnana, fra Borgo Sisa e Durazzanino, fino a Ravenna: dagli argini del Ronco non svettano più gli alberi, anche trentennali, è scomparso il bosco, al centro di tante polemiche post-alluvione e ora le sponde nude mostrano ferite sconosciute fino a poco tempo fa. Ferite a rischio di serie conseguenze, secondo gli esperti: si tratta dei tanti movimenti franosi in atto. Dal ponte di Ghibullo a Borgo Sisa se ne contano almeno dieci, vuoi su una o sull’altra sponda e in alcuni punti su entrambe, contrapposte. E lungo entrambi gli argini corrono due strade, la statale Ravegnana da una parte e via Argine Destro Ronco dall’altra.

Nel maggio di un anno fa, dopo le disastrose piene e le inondazioni qualche movimento franoso apparve lungo via Argine destro: a Coccolia da allora è chiuso un tratto di strada verso valle a partire dal ponte. Ma ciò che si manifesta ora dopo il taglio degli alberi è il numero, impressionante, degli eventi franosi, prima invisibili perché nascosti dalla vegetazione. E c’è dell’altro.

I lavori di disboscamento hanno raggiunto proprio Forlì: nel territorio ravennate quindi sono conclusi già da tempo. Eppure centinaia di tronchi sono ancora accatastati a metà dell’argine sinistro e da Borgo Sisa fin quasi a Coccolia tronchi e rami sono accatastati addirittura quasi a filo d’acqua. Dovesse arrivare una piena neppure enorme finiranno tutti nel fiume, verso valle… Il problema dei tronchi depositati lungo gli argini è stato al centro di ripetuti interventi critici nell’ arco di tempo trascorso dalle disastrose piene di undici mesi fa: segno evidente che l’affidamento dei lavori da parte della Regione non ha riguardato la gestione successiva al taglio perché un ordinario criterio di sicurezza avrebbe imposto o l’immediata cippatura in loco o l’immediata rimozione del legname.

Il geologo Claudio Miccoli, ex dirigente regionale nei settori dell’idraulica, dell’assetto idrogeologico e della difesa della costa, ora è consulente di alcuni comitati degli alluvionati. Ed è avvilito davanti allo scenario delle cataste in balia di una eventuale piena: "Ma allora quanto accaduto undici mesi fa e il continuo cambiamento in peggio delle condizioni climatiche dovuto all’aumento globale della temperatura non hanno proprio insegnato nulla... Voglio dire: ciò che è accaduto, le piogge persistenti, le piene, possono ripetersi. E non fra un secolo. E allora è obbligatorio adottare tutti i criteri di sicurezza disponibili: quelle montagne di tronchi sulle sponde non devono starci settimane, mesi".

A preoccupare non sono solo le montagne di alberi. Lo sono, ancor più, le frane che il disboscamento ha messo a nudo. La conformazione del materiale argilloso nel letto del fiume e l’andamento inclinato del ceppo degli alberi forniscono informazioni sulle cause di quei movimenti franosi. Una premessa tecnica è utile: il Ronco da Forlì fin quasi a Durazzanino corre senza argini artificiali, in area golenale. Proseguendo verso valle, verso Coccolia e Ghibullo, l’equilibrio fra piano di campagna, falda freatica e livello dell’alveo del fiume si fa man mano più precario, influenzato anche dal fenomeno della subsidenza, un equilibrio che finisce con il frantumarsi quando maggiore diventa la pressione della falda freatica rispetto all’acqua del fiume. L’acqua di falda finisce così per infiltrarsi negli argini ed ecco gli smottamenti, le frane. Poi quando il fiume diventa pensile, da Ghibullo verso Ravenna, è la sua acqua che va ad alimentare la falda freatica che resta più bassa.

E non accade nulla. Come si diceva, da Ghibullo a Borgo Sisa di frane se ne contano almeno dieci. Spiega Miccoli: "Sono ferite che non possono restare senza intervento, perché si corre il concreto rischio del coinvolgimento delle strade che corrono a lato del fiume. Intervenire significa risolvere la dinamica che le ha causate, ovvero occorre regimentare il flusso dell’acqua della falda freatica che filtra a pressione attraverso l’argine del fiume, occorre fare particolari lavori con muri e scoli fatti di pietrame. Negli anni Ottanta diressi un lavoro del genere proprio qui lungo il Ronco dove si erano presentate alcune frane. Sono passati quasi 40 anni, da allora più nessun intervento, anche perché con la vegetazione che c’era, gli smottamenti non erano visibili. Mentre da allora ad oggi, lo vediamo, ne sono stati originati tanti".

Carlo Raggi