Medicina verso il numero aperto. Frenano Alma Mater e Ordine. Zattini: "Bene, servono dottori"

Ieri il Senato ha fatto un passo per l’abolizione del test d’ingresso. Stella, coordinatore del corso: "Numeri già aumentati. Si rischiano problemi di spazi e di servizi. E non avremmo abbastanza prof".

Medicina verso il numero aperto. Frenano Alma Mater e Ordine. Zattini: "Bene, servono dottori"

Medicina verso il numero aperto. Frenano Alma Mater e Ordine. Zattini: "Bene, servono dottori"

Un altro passo avanti verso l’addio alle iscrizioni a numero chiuso ai corsi di laurea di Medicina e Chirurgia. In questi giorni il Comitato ristretto della commissione Istruzione del Senato ha adottato, praticamente all’unanimità, il testo base, che prevede la riforma dell’accesso alla facoltà senza passare attraverso i test d’ingresso. Per rispondere alla carenza di medici nel Servizio Sanitario Nazionale da tempo si discute sulla possibilità di un ‘liberi tutti’ per gli aspiranti camici bianchi ma la decisione di palazzo Madama si assesta su una via intermedia. Il testo prevede che nel primo semestre gli studenti possano iscriversi liberamente, ma per proseguire nel percorso accademico dovranno aver superato tutti gli esami propedeutici e un test nazionale. Il numero chiuso, quindi, non scompare: viene, per ora, posticipato solo di sei mesi.

Anche a Forlì, da circa quattro anni, ha trovato ‘casa’ la facoltà di Medicina e Chirurgia. "Negli ultimi anni – spiega il professor Franco Stella, coordinatore del corso di laurea in città –, si sono presentati ai test a Bologna circa 5mila persone e a Forlì, abbiamo già aumentato i posti portandoli da da 95 a 135. Eliminare del tutto il numero chiuso diventerebbe insostenibile: sia per una questione di spazi, ma anche perché deve essere rispettato il rapporto tra numero di docenti e discenti. Questa ipotesi metterebbe anche a repentaglio la qualità della formazione dei nostri studenti". Attualmente il corso di laurea è accolto all’interno del campus universitario e nelle aule del padiglione Valsalva dell’ospedale ‘Morgagni-Pierantoni’: "A Forlì abbiamo già 450 studenti – continua Stella – e a ottobre ne aspettiamo un altro centinaio. Pensare di non dare limiti alle iscrizioni vorrebbe dire mettere in crisi anche l’offerta abitativa, la mensa, i vari servizi agli studenti".

Questo primo step nell’iter di abolizione del numero chiuso preoccupa anche i professionisti in città, tra questi Michele Gaudio, presidente dell’Ordine dei medici provinciale: "Il rischio è che si crei una sorta di imbuto formativo: dove vengono sfornati medici ma non ci sono i posti corrispondenti nelle scuole di specializzazione. Migliaia di professionisti resterebbero senza la possibilità di perfezionarsi e, quindi, di entrare nel comparto pubblico. Non solo, paradossalmente tra qualche anno potremmo trovarci con il problema opposto: troppi medici e pochi posti di lavoro". Quali possono essere, quindi, le soluzioni per formare nuovi medici senza congestionare il sistema? "Serve un numero programmato – sottolinea Gaudio –. Occorre studiare le curve demografiche e analizzare quello che sarà il panorama della sanità in termini di possibilità lavorative e bisogno di salute".

Non tutti però valutano in maniera negativa la decisione di aprire l’accesso a Medicina: "E’ un buon punto di partenza – spiega il sindaco, Gian Luca Zattini, lui stesso laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Bologna– in questi anni abbiamo scontato una programmazione insufficiente rispetto alla domanda di operatori sanitari. Questa nuova opportunità deve però essere gestita con intelligenza e in dialogo con le università, in modo che non si metta a rischio la professionalità dei nostri laureati". Il provvedimento del Senato affida al governo una delega di un anno per definire i dettagli della riforma. Intanto, i test di ammissione di quest’anno andranno avanti come da calendario, con due prove: una a maggio e una a luglio.

Valentina Paiano