Preraffaelliti, già 35mila prenotazioni: "Il San Domenico diventa internazionale"

Da oggi apre al pubblico l’esposizione dedicata ai pittori inglesi di metà Ottocento e al loro ‘Rinascimento moderno’. L’idea ha conquistato esperti anglosassoni, diventati poi curatori: "Fascino irripetibile, c’è interesse anche in America".

Preraffaelliti, già 35mila prenotazioni: "Il San Domenico diventa internazionale"

Preraffaelliti, già 35mila prenotazioni: "Il San Domenico diventa internazionale"

Il grande giorno è arrivato: oggi apre la nuova grande mostra forlivese ‘Preraffaelliti, Rinascimento moderno’, visitabile fino al 30 giugno. Un’esposizione che sembra segnare un giro di vite rispetto al passato per un motivo preciso: sebbene anche in precedenza i prestatori non fossero solo italiani, mai come ora i collegamenti con Inghilterra (proprio qui, del resto, a metà Ottocento nacque il movimento dei preraffaelliti), Stati Uniti e il resto d’Europa. Ad oggi le prenotazioni sono già 35mila.

Alla presentazione che si è tenuta ieri in anteprima al San Giacomo, di fatto, la maggior parte dei curatori si è dovuta servire di un’interprete: un’ulteriore evidenza del filo rosso che collega la mostra con il resto del mondo in un fitto dialogo. Lo ribadisce il presidente della Fondazione Carisp Maurizio Gardini: "Da 19 anni diamo vita non solo alle grandi mostre, ma a un progetto scientifico che ha trasformato Forlì in una città di cultura. Questa volta abbiamo fatto qualcosa in più: una mostra dal respiro internazionale". Gardini ha dedicato un momento anche ad Antonio Paolucci, ex ministro e per tanti anni presidente del comitato scientifico, recentemente scomparso: "È un maestro che ci ha sempre spronato nella costruzione di una visione complessa. Questa mostra gli piacerebbe molto".

Il sindaco Gian Luca Zattini definisce l’esposizione "una sfida vinta". E continua: "Nessun forlivese sa più immaginare la città senza le grandi mostre. Per me ora è tempo di bilanci – si riferisce alla fine imminente del suo mandato –. Ho visto realizzare ben 5 mostre in condizioni critiche: Covid, crisi economica e alluvione, eppure la Fondazione non si è mai fermata e anche quest’anno ha dato vita a un evento ricchissimo. Forlì è ormai diventata una città d’arte a tutti gli effetti".

Una mostra "internazionale", così la definisce anche il direttore generale delle mostre Gianfranco Brunelli, che continua: "È un’esposizione che possiamo dire ‘infinita’, perché il confronto non termina con la fine della mostra stessa, ma prosegue oltre grazie ai tanti giochi di rimandi e interpretazioni".

La parola è poi passata ai curatori. La prima a prendere il microfono è stata Elizabeth Prettejohn: "Con questa mostra, nata sotto lo spirito di una grande collaborazione internazionale, abbiamo voluto raccontare una storia d’amore, quella che gli artisti britannici moderni svilupparono per il Rinascimento italiano e qui a Forlì, per la prima volta, esaminiamo il ruolo che ebbero nel rielaborare con il loro sguardo una corrente artistica che fino ad allora era stata trascurata. Ma attenzione: non si trattò di imitazione, bensì ispirazione per dare vita a qualcosa di completamente nuovo. Lo vedremo in diverse sale, grazie a precisi confronti tra antico e moderno. La speranza è che questa mostra sia uno stimolo anche per le generazioni future".

Secondo Cristina Acidini, "i Preraffaelliti non hanno mai smesso di ispirare, perciò possiamo dire che non si sono mai estinti, ma sono ancora oggi presenti nell’illustrazione, nel cinema e nella moda che plasmano il nostro concetto di bellezza. Qui al San Domenico abbiamo creato un dialogo fruttuoso tra i maestri del passato e i giovani ribelli che hanno inventato un’arte rinascimentale nuova. È una mostra di fascino irripetibile". Uno dei curatori, Peter Trippi, arriva dagli Stati Uniti: "Negli Usa – assicura – ultimamente c’è grande attenzione nei confronti della corrente artistica dei Preraffaelliti. Tre opere che sono esposte qui nel refettorio sono da poco state in mostra al Metropolitan di New York. So che la mostra attira già l’interesse di critici e collezionisti americani e la speranza è che vogliano venire qui di persona e che il dialogo possa continuare anche in futuro". Francesco Parisi racconta la genesi dell’esposizione: "Abbiamo cominciato a lavorare tre anni e mezzo fa. In Italia è raro avere tempistiche così lunghe". Un biglietto da visita, quello presentato da promotori e curatori, di tutto rispetto.