REDAZIONE FORLÌ

Ris in aula, restano i dubbi: "Sangue mai databile"

"Però le tracce ematiche della vittima sulle scarpe dell’imputato sono chiare"

Si cerca la pistola fumante. Sì certo, la prova di colpevolezza o innocenza inoppugnabile (che non arriva). Ma anche, fisicamente, una pistola reale (e pure questa non sbuca fuori). Secondo l’accusa comunque Daniele Severi avrebbe usato un’arma per ammazzare Franco prima di tagliargli la testa. Così la procura nell’aula della Corte del palazzone di marmo fa entrare in scena i testimoni dei Ris di Parma. I celeberrimi scienziati detective d’Italia che hanno affiancato i carabinieri di Meldola e Forlì nell’esecuzione delle indagini. Il primo a deporre è il maresciallo capo Stefano Orsenigo. Un chimico. Chiamato per divellere il dubbio: è stato sparato un colpo di pistola contro Franco sì o no?

"Negli accertamenti eseguiti sui due slip che indossava la vittima al momento del suo ritrovamento sono state rinvenute particelle di ammonio bario, ossia residuati di sparo...". La pm Federica Messina è appagata. Poi l’avvocato Pompignoli ripone i soliti punti sulle i: "Si possono trarre delle conclusioni certe che sia stato sparato un colpo di pistola?". Risposta del maresciallo dei Ris: "Il numero di particelle trovate non è piccolo. Ma il campione è esiguo. Hanno sparato alla vittima mi chiedete? Dico: è possibile, ma non ci può essere certezza" è la conclusione del maresciallo, stimolato anche dalla presidente della Corte, che per tutta la durata dell’udienza ha avuto il suo da fare a tenere a freno l’esuberanza dell’avvocata Corsetti.

Poi ecco che il focus flette sugli indizi primari dell’accusa: le macchie di sangue sulle scarpe di Daniele e i guanti, intrisi del sangue di Franco, rinvenuti in un vano del cofano motore della Panda dell’imputato. Sul banco dei testi ci sono ora Piero Barbàra, Gianluca Casamassima e Luca Palamaccio. Sono i tre carabinieri dei Ris che hanno trovato i guanti e scovato le scarpe sporche di sangue che Daniele indossava il giorno del sopralluogo: "Abbiamo visto le tracce ad occhio nudo e gliele abbiamo fatte togliere. I test ci hanno poi detto che sono macchie di sangue della vittima... In tutto sei microtracce di 4 millimetri. Schizzi dall’alto verso il basso...". Sul punto si butta l’avvocato Pompignoli, che non vedeva l’ora di farla questa domanda: "Ma queste tracce sono databili?". "Le tracce di sangue non sono mai databili, chi dice il contrario dice una menzogna" taglia corto Casamassima. Che aggiunge: "Le tracce a mo parere sono fresche...". Pompignoli glossa: "È un suo parere...".

Alta tensione in aula quando si parla dei guanti. "L’imputato ci accusò di averli nascosti nell’auto per accusarlo" sottolinea Casamassima; l’episodio era noto; e Daniele conferma alla sua legale Corsetti; che precisa: "Disse anche non erano i suoi...". I guanti comunque non presentano tracce di Dna dell’imputato. I Ris fanno un’ipotesi: "Potrebbe avere usato un doppio guanto di lattice a contatto con la pelle". Pompignoli non ci sta: "Profli genetici di Daniele ci sono o no?". "No".

Maurizio Burnacci