VALENTINA PAIANO
Cronaca

San Mercuriale: "La lunetta tornerà". Patto per restaurare anche le altre 18

Risalgono a inizio Seicento, da decenni non erano esposte. Centinaia di persone nell’abbazia per la presentazione.

San Mercuriale: "La lunetta tornerà". Patto per restaurare anche le altre 18

San Mercuriale: "La lunetta tornerà". Patto per restaurare anche le altre 18

San Mercuriale ha svelato i suoi tesori dimenticati. Mercoledì pomeriggio, nella navata principale dell’abbazia che si affaccia su piazza Saffi, è stata presentata una delle diciannove lunette che in origine decoravano il chiostro e che da decenni giacevano nel seminario vescovile in via Lunga. L’iniziativa faceva parte del ciclo ‘Un’opera al mese’, dedicato a far conoscere il patrimonio artistico cittadino.

"San Mercuriale è ancora oggi l’emblema spirituale e culturale della città e questo ciclo pittorico ci fa capire che il complesso fosse un sito prestigioso anche nel corso della storia", ha detto il dirigente del settore Cultura del Comune Stefano Benetti. Le lunette, nonostante siano deteriorate, sono databili tra il 1601 e il 1606". San Mercuriale ha accolto, sulle sue panche di legno, centinaia di persone, ma l’affluenza è stata tale che è stato necessario aggiungere delle sedie nelle navate laterali. Sul palco, allestito per l’occasione sotto l’altare maggiore, è stata posta l’opera che raffigura un episodio della vita di San Giovanni Gualberto, fondatore dell’ordine benedettino vallombrosano.

L’esperto chiamato a raccontare luci e ombre dell’opera protagonista della serata, è stato il professor Francesco Salvestrini, docente di storia medievale all’Università di Firenze: "Questa lunetta narra la vita dei monaci durante un rigido inverno: il cibo scarseggiava e i religiosi dovevano decidere se sacrificare una bestia del loro allevamento. I precetti però vietavano di consumare carne, se non in particolari occasioni. L’epilogo della vicenda lo vediamo proprio nel dipinto: a salvare i monaci dalla tentazione è un angelo che porta una tovaglia piena di pane". I Vallombrosani occuparono San Mercuriale tra il 1160 e il 1190, facendone uno dei principali templi cittadini. "Il monastero – continua Salvestrini – divenne un sito fondamentale nelle strategie politiche dell’abate vallombrosano, Biagio Milanesi, in funzione della sua alleanza con Girolamo Riario, contro il potere di Lorenzo de’ Medici, che aveva fatto incetta di monasteri gestiti dai religiosi".

Per restituire le opere alla città (tutte e 19), mercoledì sera è stato sottoscritto con atto solenne un protocollo tra il Comune, la Curia e la Sovrintentenza alle Belle Arti. Il sindaco, Gian Luca Zattini, ha chiuso l’incontro soddisfatto: "Un pezzo di storia di Forlì stava per scomparire. L’Amministrazione si è fatta carico di finanziare le operazioni di diagnostica e restauro delle opere, perché in questi anni abbiamo tracciato un percorso culturale che vogliamo continuare a valorizzare e portare avanti".

Anche il vescovo, mons. Livio Corazza, si accoda ai ringraziamenti del sindaco e si mostra orgoglioso per l’accordo appena firmato: "Queste opere erano in attesa di un benefattore, in questo caso è il Comune che lo fa a nome di tutta la comunità. Stasera vivo anche un’emozione in più perché ho un legame personale con i Vallombrosani: io e l’attuale abate dell’ordine siamo amici d’infanzia". Tra i presenti anche padre Giuseppe Casetta, monaco alla guida della congregazione nata da Giovanni Guadalberto: "È emozionante vedere che esistono ancora tracce del nostro ordine. Tanto è andato perduto. La vita del nostro fondatore deve ricordarci i valori dell’accoglienza e della condivisione con la comunità".