"Se queste sono prove". Pompignoli sgretola l’indagine ’tecnica’: "Solo indizi, rimasti tali"

L’arringa di uno dei difensori di Daniele Severi imperniata sulla scarsità dei riscontri materiali dell’accusa: "Tracce non verificate in laboratorio".

"Se queste sono prove". Pompignoli sgretola l’indagine ’tecnica’: "Solo indizi, rimasti tali"

"Se queste sono prove". Pompignoli sgretola l’indagine ’tecnica’: "Solo indizi, rimasti tali"

Due arringhe asciutte al limite del succinto ma al contempo ultimative, nella visione difensiva. Gli interventi conclusivi di Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti, avvocati di Daniele Severi, raggiungono nel loro insieme non più tre ore. D’altra parte, i legali dell’ex autista del 118 accusato di avere "sparato al capo e decapitato" (testa mai ritrovata) il fratello Franco, 53 anni, (trovato cadavere nel suo fondo agricolo il 22 giugno del ’22 a Ca’ Seggio di Civitella) vogliono mandare ai due giudici togati e ai sei popolari un messaggio chiaro: "L’accusa – argomenta Pompignoli – ha solo due indizi che considera prove, ma che indizi permangono anche dopo nove mesi di processo". Quindi, poche parole, ma pesanti.

Il legale del 64enne meldolese, nell’incipit della sua perorazione giudiziaria, scende immediatamente nell’arena sfilando ai giudici la sua unica arma ’suggestiva’: "Daniele è in carcere da quasi due anni da innocente. Questo lo voglio dire subito...". Poi l’andatura restante dell’arringa di Pompignoli permane sul piano "dell’oggettività", rimarca l’avvocato. Con un tono scevro da antiche retoriche leguleiche o apparizioni sceniche, Pompignoli sviscera il suo primo punto: "Daniele fin dal giorno dopo il rinvenimento del cadavere viene trattato dagli inquirenti come indagato. E tutto a causa delle accuse che muovono i fratelli, specie Milena e Romano. Gli altri fratelli vengono sentiti, ma solo per poche battute. Daniele viene invece fin da subito trattato come colpevole. Lui replica con risposte chiare che non smentirà mai. Eppure verrà poi arrestato l’8 luglio 2022 come unico indagato".

Il difensore non perde tempo e subito convoglia le sue forze sulla prima "prova, che in realtà è rimasto un indizio: i guanti della vittima trovati nella Panda di Daniele. Non ci sono immagini del ritrovamento. Da sempre i Ris di Parma filmano ogni istante dei loro sopralluoghi. Eppure l’attimo del rinvenimento dei guanti non c’è. Perché?". (Daniele ha sempre detto: "i guanti me li hanno messi i carabinieri"). Ancora Pompignoli: "Nei guanti c’è sangue di Franco ma nessuna traccia biologica di Daniele. Che prova è mai questa? L’accusa dice che Daniele, data la sua esperienza al 118, avrebbe usato guanti in lattice? E dove sono le prove di questo? Tra l’altro la prova del luminol fatta dagli stessi inquirenti dice che nell’auto di Daniele non c’è sangue".

L’altro caposaldo dell’accusa sta nelle tracce di sangue di Franco sulle scarpe di Daniele. Pompignoli chirurgizza la scena: "Si tratta di microtracce non databili. Che non possono essere databili, sostengono gli stessi esperti. Ricordo che una recente sentenza su un caso analogo fissa questo elemento come una ’pregressa frequentazione’. E tra fratelli è normale frequentarsi. E questa sarebbe l’altro prova dell’accusa?". Pompignoli quindi radiografa le modalità dell’inchiesta: "La scena del crimine è stata fin da subito contaminata, con inquirenti privi di protezione. Il medico legale poi non ha nemmeno preso la temperatura rettale della vittima, per stabilire l’ora del decesso. Quindi: non c’è l’arma de delitto, non c’è un luogo, visto che lì dov’è stato trovato il corpo non c’è sangue e lì non può essere stato ucciso Franco, e non c’è l’ora. E la procura non ha mai realmente esplorato piste alternative, cosa che le compete per Costituzione, in base al principio di presunzione d’innocenza, che qui non è stato rispettato. Per tutto ciò, chiedo l’assoluzione di Severi, per non avere commesso il fatto". (Sentenza prevista per giovedì).

Maurizio Burnacci