Un tuffo nel passato: "Siamo nate in fortezza, che emozione tornarci dopo oltre 70 anni"

Le tre sorelle Riccardi sono le ultime venute alla luce alla rocca di Castrocaro. Hanno ripercorso le stanze e ricordato i tempi che furono.

Un tuffo nel passato: "Siamo nate in fortezza, che emozione tornarci dopo oltre 70 anni"

Un tuffo nel passato: "Siamo nate in fortezza, che emozione tornarci dopo oltre 70 anni"

Riannodare i fili della storia e della memoria, tra ricordi vividi ma anche sfumati, emozioni forti e suggestioni alterne. E’ stato un autentico viaggio nel tempo quello compiuto da tre sorelle originarie di Castrocaro, le ultime tre ‘bambine’ nate nella millenaria fortezza e tornate, per qualche ora, alle origini. Mareva, classe 1939, "all’anagrafe Maria, in chiesa Maria Eva", quindi Anna, venuta alla luce nel 1941, e infine Miranda, di due anni più giovane.

Di cognome Riccardi, giunte puntualissime e per nulla provate dall’ultimo impegnativo strappo che dai piedi del maniero sale fino al portone ferrato, le sorelle si presentano borsa a tracolla e scarpe comode come tre moderne escursioniste. Senza tuttavia rinunciare a un pizzico di civettuola eleganza.

Accompagnate da alcuni figli e nipoti e da un cicerone d’eccezione come il sindaco di Castrocaro Terme e Terra del Sole Francesco Billi, le tre signore si affacciano all’ingresso del castello cercando di scrutare oltre l’orizzonte visivo.

"Dietro quella porta c’è una scala ripida, vero?" chiede Anna volgendo lo sguardo all’ala del maniero che ospitava la famiglia. Avuta conferma, le Riccardi si presentano: "Siamo le figlie di Caciò" spiegano con orgoglio in base all’abitudine tutta romagnola di ricostruire la genealogia attraverso il nome o soprannome del papà –, all’anagrafe Riccardo, e di Pierina Ricci. Siamo rimaste in fortezza fino a quando io ho compiuto tredici anni – racconta Mareva –, ricordo di aver festeggiato i 14 in via della Fratta (traversa della strada che dal centro del paese sale verso Bagnolo), dove ci eravamo trasferiti. Qui abitavano altre quattro famiglie: ricordo Enrico e Angioletta, coppia senza figli, poi due sorelle gemelle, che traslocarono a San Varano, e il signor Tonino. Che di signore, considerata la miseria di quegli anni, aveva davvero poco". Entrate da una nuova porta di accesso, le tre spiegano di essere già tornate, in passato, al castello. "Ma in quella occasione non era stato possibile vedere i locali che ospitavano la nostra abitazione composta da un’unica camera da letto, dove c’erano il giaciglio matrimoniale dei nostri genitori, un canapè dove dormiva Mareva e un altro letto che accoglieva me e Miranda, una dai piedi e una dalla testa – racconta Anna –. E più di una volta quando era piccola, mia sorella mi ha bagnato i piedi!".

Sul lato est della stanza l’accesso alla cucina, a ovest tre finestroni. "Anche allora questa parete ospitava finestre ma senza vetro, per fortuna c’era un grande camino. La mamma era solita scaldare una pietra che poi, avvolta in uno straccio, metteva nel letto per ristorarci dal freddo". E, ovviamente, niente bagno in casa. "Per lavarci ci immergevamo in una mastella, l’ultima trovava l’acqua meno limpida".

A dettare la gerarchia, il rigoroso ordine anagrafico. "Allora usava così, i piccoli ereditavano i vestiti dai più grandi – spiega la ‘giovane’ e dunque più penalizzata Miranda –. Ho avuto il primo cappotto ‘nuovo’, tutto mio, a diciannove anni, quando mi sono sposata. Poi mi sono trasferita a Bagnacavallo, sono rimasta vedova da pochi mesi. I primi tempi lontano da casa è stato difficile ma oggi il mio mondo è là. Le mie sorelle abitano invece a Forlì". Il dinamico trio sosta nella sala adiacente la camera da letto e si sofferma su un grande affresco.

"Ai nostri tempi non c’era, ci hanno detto che è emerso durante i lavori di restauro". Interventi che hanno ridisegnato la rocca. Lo si evince anche dallo stupore delle sorelle nel momento in cui si affacciano sulla corte interna. "Il pozzo c’era anche allora, di ulivi non ce n’era uno solo come oggi ma tanti mentre al posto del glicine c’era una distesa di viole gialle".

Diverso anche l’accesso all’abitazione. "L’ingresso era da un’altra parte. Quando nevicava, e allora nevicava davvero, scendevamo verso il battistero utilizzando l’asse dei panni come slittino", ricordano con occhi ridenti, a testimonianza che non sempre si stava peggio quando si stava peggio. Autentica meraviglia poi alla scoperta delle cannoniere, sepolte da metri e metri di terra fino a pochi anni fa e ora visitabili nella loro magnificenza. "E’ la prima e ultima volta che le vedrò" dice Mareva ponendo limiti alla Provvidenza.

E qui scatta un simpatico aneddoto. "Un giorno giocando rimasi a cavallo di un asse in bilico nel vuoto, ora guardando l’altezza di queste mura, mi dico davvero di essere stata miracolata". Prima di lasciare la fortezza, le giovanotte si mettono in posa assieme al sindaco davanti allo stesso muro che fece da sfondo a una foto di ‘qualche’ anno fa. Poi, congedatesi con una nostalgia per nulla triste, con lo stesso vigore con cui hanno risalito il borgo, lo ripercorrono in direzione opposta, rifiutando l’invito dei nipoti a salire in macchina per un passaggio. No, Mareva, non è stata l’ultima visita, tornerete ancora nella vostra casa-fortezza. C’è da scommetterci.