VALENTINA PAIANO
Cronaca

Una mostra ’intermediale’: "Fisico e digitale insieme"

‘Body (S)cul(P)ture’ sarà visitabile alla Fondazione Dino Zoli fino al 13 ottobre. L’autrice Francesca Fini: "La tecnologia non sostituisce l’artista, lo potenzia".

‘Body (S)cul(P)ture’ sarà visitabile alla Fondazione Dino Zoli fino al 13 ottobre. L’autrice Francesca Fini: "La tecnologia non sostituisce l’artista, lo potenzia".

‘Body (S)cul(P)ture’ sarà visitabile alla Fondazione Dino Zoli fino al 13 ottobre. L’autrice Francesca Fini: "La tecnologia non sostituisce l’artista, lo potenzia".

È in corso alla Fondazione Dino Zoli, inaugura ‘Body (S)cul(P)ture’, prima mostra personale di Francesca Fini in città. L’esposizione è il prologo di ‘Ibrida - Festival delle Arti Intermediali’, in programma dal 19 al 22 settembre. Artista intermediale, Fini esplora il contemporaneo tra performance, tecnologia e pittura, riflettendo su tematiche come genere e percezione della bellezza. La mostra è visitabile gratuitamente fino al 13 ottobre.

Fini, quando ha iniziato a muovere i primi passi come artista contemporanea?

"Mi sono avvicinata all’arte circa 15 anni fa, iniziando con la performance e la video arte, dove registravo me stessa in azioni simboliche e astratte. Poi ho cominciato a esibirmi dal vivo in gallerie e musei. È stata un’esperienza forte, una sorta di terapia che mi ha aiutata a superare l’imbarazzo e il senso di inadeguatezza. Col tempo, ho spostato il mio lavoro verso installazioni e cinema, dove non uso solo il corpo, ma anche dispositivi tecnologici. Il digitale è un superpotere che vedo come una protesi artistica da sfruttare".

Come si manifesta la fusione tra umano e artificiale nelle sue opere?

"In molti modi: ad esempio, c’è una collaborazione diretta tra me, artista analogica, e dei robot. Dipingo su tele disposte a terra, e queste macchine, con movimenti randomici, creano risposte visive che io interpreto. Altri lavori sono stati realizzati con la realtà aumentata e rappresentano una straordinaria sovrapposizione tra mondo fisico e digitale".

Quali sfide ha incontrato nel suo percorso come artista in un mondo dell’arte ancora fortemente influenzato da dinamiche di genere?

"Sono sempre stata molto diffidente nei confronti dell’etichetta ‘arte femminile’. Esiste però un preconcetto che associa le artiste donne a tecniche tradizionali, come tessitura, ceramica o cartapesta. Quando invece uso robot o realtà virtuale, spesso la reazione è di disorientamento. Mi è capitato di sentirmi chiedere: ‘Ma questo l’hai programmato tu?’, come se fosse inusuale. Sin da piccola, la tecnologia è stata parte integrante della mia vita".

Molti artisti temono che la tecnologia possa soppiantare il ruolo dell’uomo nell’arte. Qual è la sua opinione?

"Questa è una paura comprensibile, ma credo che ogni volta che un nuovo dispositivo entra nel mondo dell’arte, ci sia una reazione conservatrice, come avvenne con la fotografia, che oggi è una forma d’arte legittima. La tecnologia è solo uno strumento che amplifica le capacità dell’artista, ma non sostituisce l’essere umano".

La mostra vuole lanciare un messaggio specifico?

"Mi piacerebbe che il pubblico venisse con una mente aperta. Non inserisco messaggi espliciti nelle mie opere perché lavoro su immagini astratte e temi universali, creando uno stimolo che permette a chi guarda di reagire in modo personale. Vorrei che si lasciassero trasportare in un viaggio, senza cercare significati ma cercando risposte individuali".