Pannofino allo Stignani: "Qui mi sento a casa. Gli imolesi sono attenti al teatro"

L’attore romano è il protagonista dello spettacolo ‘Chi è io?’. L’opera a regia di Angelo Longoni andrà in scena fino a domenica. "La gente è abituata a vedermi nella commedia, questa volta è diverso".

Pannofino allo Stignani: "Qui mi sento a casa. Gli imolesi sono attenti al teatro"

Pannofino allo Stignani: "Qui mi sento a casa. Gli imolesi sono attenti al teatro"

Francesco Pannofino sbarca a Imola. Mercoledì sera è andato in scena ’Chi è io?’, una commedia psicologica con protagonista l’attore romano, accompagnato da Emanuela Rossi, Andra Pannofino ed Eleonora Ivone. L’opera registica di Angelo Longoni andrà in scena fino a domenica, con due appuntamenti pomeridiani nel weekend. Un ritorno a Imola per Pannofino, che non ha mancato di mostrare apprezzamento verso la città dell’Orologio.

Pannofino, questo è un ritorno allo Stignani per la seconda volta, dopo "Mine Vaganti" nel 2022. C’è qualcosa che le piace di questo teatro?

"È un teatro molto bello da vedere. Quando si accendono le luci in sala è un bel colpo d’occhio. A livello tecnico si lavora bene, ci sono i camerini vicino al palco e soprattutto, c’è un pubblico educato che è abituato a venire a teatro. ‘Chi è io?’ è uno spettacolo particolare, sono deliri di una mente umana in pericolo di vita. Lo spettacolo comincia con me che mi butto nel mare agitato per salvare una persona e rischio di morire. Da lì comincia un ripercorrere indietro la mia vita, rivedendo le persone che amo, mia moglie, mio figlio, l’amante e immagino le sedute psiconalatiche che svolgo perché interpreto uno psiachiatra. In una prima parte dello spettacolo il protagonista sembra detestare l’umanità. Sostanzialmente, bisogna stare molto attenti, è un testo attento e intenso. A Imola noto che si accendono pochi telefoni durante la messa in scena e questo è un buon segno, vuol dire che catturiamo l’attenzione. Anche perché la luce si vede molto dal palco. Il pubblico alla fine ci ringrazia e la prima messa in scena ha dato prova del fatto che ci sia molta attenzione al teatro a Imola".

Cosa le piace di Imola?

"A Imola si sta bene. È tranquilla, c’è tutto, la gente è aperta e accogliente, ovunque andiamo c’è un sorriso per noi e questo ci aiuta a vivere la tournèe. Se c’è una bella cittadina in cui andare è proprio Imola".

Girando in tournèe, come vede l’approccio del teatro da parte delle persone?

"Noto che c’è una percentuale abbastanza nutrita di appassionati, poi ci sono tante persone che non ci vanno perché si annoiano. Parlando del nostro spettacolo, mi sento di dire che l’obiettivo è stato centrato. Sono cinquant’anni che faccio teatro, la gente è abituata a vedermi fare la commedia, in questo caso ho preferito affrontare un testo un po’ più spesso a livello narrativo. È uno spettacolo coraggioso che invita alla riflessione, non mancano comunque i momenti di ilarità".

Lei ha una esperienza a 360 gradi nel mondo dell’interpretazione, a partire dal doppiaggio, alla recitazione teatrale passando per il cinema: quale tra queste attività preferisce? E perché?

"Le amo tutte. Alla fine sono tre modi diversi di fare lo stesso lavoro. Io ne amo tutti gli aspetti, mi piace diversificare. Il teatro mi prende più di tutti perché le tournèe durano 5 mesi. Quando si gira Boris ci sono tre, quattro mesi di impegno totale. In realtà la differenza tra cinema e teatro è data dall’orario, il teatro si fa di sera, la televisione si gira di giorno. Al doppiaggio devo tanto perché a inizio carriera mi garantiva un certo lavoro. La voce rimane la mia in tutti e tre gli ambiti, però non farei una gerarchia. Se posso dire, quando un attore si esibisce lo fa con il corpo. Il doppiaggio invece esibisce solo con la voce, peraltro con la faccia di un altro, e per questo è il più difficile tra tutti".

Consiglierebbe a un giovane il mondo della recitazione?

"Non nascondo che è un mestiere a rischio, nessuno ti garantisce l’occupazione, non puoi protestare se non ti chiama nessuno. Bisogna essere giovani per avere il tempo di fare un piano B. Io invito sempre i giovani a provarci e mettere su una commedia anche tra amici per capire la dimestichezza che si ha con il palco. Non c’è niente di meglio che sperimentare".