
Nonantola, si è spento a 89 anni. Con la trattoria a Rubbiara e il suo aceto pluripremiato ha scritto la storia della gastronomia modenese
Lo scorso lunedì 6 gennaio, all’età di 89 anni, se ne è andato Italo Pedroni, l’ultimo degli osti modenesi: lo apprendiamo a funerali avvenuti in forma privata. Il tam tam sommesso e rispettoso di quanti hanno appreso la notizia si diffonde, lasciando intuire quanto Italo fosse amato dai modenesi e fosse circondato da un senso di gratitudine per ciò che aveva fatto per il nostro territorio.
Un punto fermo, mai venuto meno nel cuore dei modenesi, neppure quando per limiti di età aveva deciso di lasciare le redini dell’Osteria di Rubbiara al figlio Giuseppe (sesta generazione), che con qualche aggiustamento, ma senza stravolgere la linea indicata dal papà, aveva proseguito nel tenere aperta l’insegna, continuando ad occuparsi della produzione di aceto balsamico tradizionale, nocino, liquori, distillati, dell’azienda di famiglia, con i quali erano arrivati riconoscimenti internazionali. Un’insegna caratterizzata da una personalissima conduzione che rendeva Italo Pedroni unico. Apparentemente burbero, come l’oste deve essere, dettava le sue regole, imposte con autorevolezza e piglio severo, ma che poi lasciavano spazio a un sorriso lieve e sincero, che rassicurava, rivendicando chi era al timone e che tutto sarebbe andato bene.
Una conduzione suigeneris, con i telefoni cellulari da riporre in un apposito armadietto, perché non disturbassero la cena, la consuetudine di servire prima l’uomo, di servire i secondi, solamente quando i piatti dei primi erano completamente vuoti, in evidente contrasto con il consueto approccio del ristoratore, sempre pronto ad assecondare il cliente, ma che con Italo funzionava, tanto che era difficile trovare un tavolo. Un’insegna dalla cucina sopraffina, con una storia antica che affonda fino al 1862 quando i Pedroni acquistarono l’edificio che era appartenuto all’Abbazia di Nonantola, costruito dai monaci in una posizione più alta rispetto ai terreni limitrofi e per questo mai lambita dalle piene del Panaro, per farne un’osteria, iniziando un lungo sodalizio gastronomico con il territorio, senza mai scendere a compromessi con la contemporaneità.
Tanti i clienti che si sono seduti in quella calda atmosfera di trattoria di campagna o d’estate al fresco del bersò, a partire dal grande Luigi Veronelli, un amico con cui Italo si confrontava alla pari. Sapevano ciò che avrebbero trovato, senza sorprese inopportune o menu che cambiano ogni settimana, cercando quella cucina sincera con le ricette della signora Franca, moglie di Italo e i rassicuranti maccheroni al pettine, i tortellini in brodo, la faraona arrosto, il pollo al Lambrusco, la frittata o il coniglio all’aceto balsamico, la torta di tagliatelle, il lambrusco e il trebbiano della casa. Ci lascia un esempio raro di dedizione alla professione e al territorio, riuscì a portare Modena, la sua osteria e i suoi prodotti, nei contesti più esclusivi, come il concorso di Bruxelles e il Concorso Internazionale di Londra, conquistando con la grappa di lambrusco e il nocino, medaglie d’oro e d’argento.
Luca Bonacini