
Il professor Giovanni Ferrari e Loredana Consoli
Modena, 22 dicembre 2024 – "Il nostro vuole essere un supporto al ritorno alla vita". Sono queste le parole che la presidente Loredana Consoli usa per riassumere il profondo e nobile obiettivo che si racchiude all’interno dell’associazione ‘Moringa’, fondata nel 2021 e nata proprio da una sua esperienza personale, ora trasformata in un "aiuto per gli altri". L’associazione, infatti, è impegnata nella lotta contro i tumori e, nel corso di questi anni, ha potuto offrire oltre duecento screening diagnostici.
Consoli, quali sono gli obiettivi alla base di questo progetto?
"Tutto nasce da una mia esperienza personale, quando tre anni fa mi hanno diagnosticato un tumore al seno. Ero già al terzo stadio e ho intrapreso un intenso e complesso percorso di cure, che mi ha cambiato profondamente. La mia, per l’appunto, era una diagnosi tardiva: l’età media per questo tipo di tumori, purtroppo, si sta abbassando moltissimo e non sempre ci si controlla a dovere, soprattutto tra le donne più giovani. Questo però può rappresentare un rischio gravissimo: così, dopo la mia esperienza personale, ho pensato di costruire una nuova realtà che coinvolgesse più persone possibili per mantenere sempre alta l’attenzione sulla propria salute".
In che modo?
"Lo scopo dell’associazione è appunto quello di fornire screening diagnostici oncologici precoci, a tutti coloro che non hanno la possibilità di inserire nelle spese annuali visite specialistiche per prevenire, invece che curare. Non solo per il tumore al seno ma anche per la prostata o altri tipi di tumore. Senza dimenticare anche la sensibilizzazione: per questo portiamo avanti la nostra missione anche all’interno delle aziende interessate, che inseriscono così i nostri progetti all’interno del welfare aziendale, per il benessere delle loro dipendenti. Ma non solo"
Cos’altro?
"Il nostro progetto lavora anche su altri aspetti, come il ricollocamento sociale e lavorativo, occupandoci quindi anche dell’importante aspetto piscologico, che merita un’attenzione fondamentale durante e dopo il momento della malattia. Molte donne, infatti, non si sentono più in grado di lavorare o di cercare un impiego, così come possono riscontrare anche altri problematiche legate alla loro vita privata. La nostra associazione vuole intervernire anche su questo, occupandoci così del loro reinserimento, affinché riescano a tornare ad appropriarsi della loro vita".
Un lavoro a trecentosessanta gradi, insomma.
"Sì, e che possiamo rendere possibile grazie al sostegno di medici, negli ambulatori dove vengono svolti gli esami, e grazie all’impegno dei nostri volontari, che mettono a disposizione le proprie competenze per il bene comune. Oltre alla prevenzione, però, è importante anche la sensibilizzazione: diffondiamo infatti informazioni anche tramite eventi, workshop, congressi ed interventi nelle scuole".