Marcorè-Stassi "L’arte popolare sul palco"

Il duo protagonista domani a Carpi nell’ambito della Festa del Racconto: "Descriviamo il Novecento per parlare del contemporaneo" .

Marcorè-Stassi "L’arte popolare sul palco"

Marcorè-Stassi "L’arte popolare sul palco"

di Maria Silvia Cabri

Un attore, doppiatore, conduttore televisivo, conduttore radiofonico, imitatore e cantante italiano e uno scrittore, bibliotecario e paroliere italiano di etnia arbëreshe. Amici di lunga data, insieme sul palcoscenico fanno scintille. "Siamo due voci ma è come se ne fossimo una sola": sono Neri Marcorè e Fabio Stassi, i protagonisti di ‘Vrascadù: un’affabulazione sentimentale’, il reading letterario in programma domani alle 21 nella tenda di piazzale Re Astolfo a Carpi, nell’ambito della Festa del Racconto.

Un racconto orale e corale in cui i due protagonisti di compenetrano e compensano, dando luogo, appunto, "ad una sola voce". "‘Vrascadù’ è il soprannome della mia famiglia", afferma Fabio Stassi che è di origine siciliana ma ha molte ‘contaminazioni’: la nonna di Buenos Aires, il nonno tunisino, il bis nonno siciliano etnia arbëreshe. "Inoltre ho scoperto ci avere un 21% di sangue medio orientale. A casa mia si sono sempre parlate più lingue: i dialetti siciliani, lo spagnolo la lingua del bisnonno; ed è questa identità frammentata e frammentaria e questa ricerca di chi in fondo siamo noi che sono al centro del rispettivo monologo, mio e di Neri, in questa ‘affabulazione sentimentale’". Un’autobiografia, certo, che racconta di una famiglia, quella di Fabio Stassi attraverso storie, aneddoti in cui però tante persone potranno riconoscersi: "Grazie a Neri poniamo in essere un ‘racconto orale e corale’ – afferma lo scrittore –. Entrambi pensiamo che si sia perso il rapporto tra la narrazione e l’esperienza. Pensiamo ai nostri nonni: ci raccontavano le loro storie (migrazioni, guerre, carestie, miserie, morti, grandi amori) per educarci, insegnarci. ‘La vita è dura’, ci dicevano, ‘ma vale la pena di viverla’ e si può sopravvivere, per ricomporre questa identità che è propria degli italiani. Il Covid ci ha segnato in modo irreversibile: abbiamo sentito fosse il momento di guardare il faccia la realtà partendo dalle domande basilari: ‘Da dove veniamo?’; ‘A chi apparteniamo?’. Io scrivo, ma non sono un attore: così chi meglio di Neri Marcorè, al qualche sono legato da un’amicizia fraterna ormai ventennale, avrebbe potuto seguirmi in questa ‘avventura’? Insieme portiamo sul palco l’arte popolare: io sono la voce narrante, lui invece interpreta i vari personaggi, parlando in dialetto dà voce alle figure della mia famiglia, accenna canzoni. Una narrazione comica, leggera, divertente ma anche commovente perché vera e che fa riflettere". "Cerchiamo di riallacciarci al presente attraverso il racconto del Novecento che risulta estremamente contemporaneo. Occorre interrogarsi sui nostri ‘antenati’ (citando Calvino) che non ci sono più e partire da loro per capire chi siamo noi oggi, le nostre radici, la nostra identità. Il nostro spettacolo è sicuramente (e inevitabilmente) molto personale ma al tempo stesso molto letterario, essendo al vita intrisa di letteratura". "Per me è stato naturale scegliere Neri al mio fianco – conclude Stassi –. Ci siamo conosciuti attraverso i miei libri che lui consigliava sempre: lui è estroverso ma anche un po’ ‘impacciato’ e in tantissimi suoi aspetti mi riconosco. L’ho detto: due voci ma in realtà una sola".