Morsa da una vipera: "Odissea per l’antidoto, è arrivato da Ferrara"

Disagi per la donna, ricoverata all’ospedale di Sassuolo, ma non era in pericolo di vita. "Rimbalzata dall’Appennino al distretto. Per fortuna l’iniezione non è stata necessaria"

Modena, 25 aprile 2024 - Prima il morso di una vipera, poi l’odissea per trovare il siero antiveleno. Inizia così il lungo iter vissuto da una donna (V. B. le sue iniziali) partito in Appennino e conclusosi poi nel distretto ceramico.

Dopo il morso della vipera, la donna si è prima rivolta al primo intervento di Montefiorino poi si è recata all’ospedale
Dopo il morso della vipera, la donna si è prima rivolta al primo intervento di Montefiorino poi si è recata all’ospedale

"Due settimane fa, quando faceva ancora molto caldo, mi ero spostata nella mia casa a Frassinoro. Mentre stavo facendo dei lavori di giardinaggio, sono stata morsa da una vipera al pollice – spiega – ho subito sentito un forte fastidio, poi il dito è cominciato a gonfiarsi e diventar violaceo. Ho subito chiamato il numero verde della guardia medica". Da quel momento è partito il lungo iter.

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"Mi hanno consigliato di andare al primo intervento di Montefiorino e alla mia domanda se fossero in possesso del siero mi è stato risposto di sì – continua –. Una volta arrivata però, l’infermiera mi ha informato che non ne era così e di recarmi quindi all’ospedale di Sassuolo. Niente da fare, nemmeno lì lo avevano. E da quanto mi hanno riferito, non era disponibile in nessun altro ospedale del modenese".

"All’ospedale di Sassuolo sono stati comunque molto efficaci. Hanno chiamato il centro antiveleni di Pavia, mi hanno ricoverato una notte e, a scopo precauzionale, si sono fatti poi inviare il siero da Ferrara. Fortunatamente, il mio caso non richiedeva l’iniezione dell’antidoto, in quanto la vipera non aveva fatto in tempo a rilasciare il veleno e io non avevo avuto grosse complicazioni. Purtroppo però, non a tutti va fatta bene come nel mio caso e mi sono chiesta allora come sia possibile che il siero non sia presente nemmeno in un ospedale della provincia e a maggior ragione in quelli vicini alle zone montane. La mia non vuol essere una polemica, ma solo una segnalazione di un disservizio e di una riflessione che possa essere costruttiva. Ma soprattutto una riflessione sui paesi di montagna: è importante non lasciarli soli, ma serve potenziare le loro strutture sanitarie".

La spiegazione però non è tardata ad arrivare: "Il siero antiveleno – spiegano dall’ospedale di Sassuolo – viene utilizzato in casi molto rari, in cui c’è una forte progressione dei sintomi e sempre sotto indicazione del centro antiveleni. Può avvenire solo in ospedale sia per la sua somministrazione esclusivamente endovenosa sia per l’alto rischio di reazioni anafilattiche e per cui è opportuno un attento e continuo monitoraggio del paziente. Per questo motivo, nella maggior parte dei casi si predilige l’uso di altre terapie. Nel caso però in cui ce ne fosse necessità, è possibile far arrivare il siero in tempi brevissimi garantendo la sicurezza del paziente".