EUGENIO TANGERINI
Cronaca

Vaccari reinterpreta il Guercino: "Risento la voce della sua Sibilla"

La sfida dell’artista che dialoga a distanza col sommo maestro del 1600 in una mostra alla Pinacoteca di Cento "Amo i personaggi che guardano un po’ altrove"

Wainer Vaccari davanti alle sue opere

Wainer Vaccari davanti alle sue opere

Modena, 21 novembre 2024 – L’enigmatica Sibilla di Wainer Vaccari impugna la penna e abbassa lievemente lo sguardo su un libro misterioso. Di sicuro ha in mente qualcosa ed è pronta a scrivere, ma solo per chi saprà ascoltarla. Intanto dialoga a distanza con un precedente illustre, ’La Sibilla di Cento’ che il Guercino dipinse intorno al 1620. Prende le mosse da questo confronto, impossibile solo in apparenza, una mostra piccola ma densa di significati, inaugurata qualche giorno fa nella Pinacoteca civica centese, dove resterà aperta fino al 2 marzo. Sono cinque dipinti e sette disegni, con cui Vaccari reinterpreta l’opera del sommo maestro secentesco e trova di getto – quasi senza cercarle – molte affinità col suo mondo. Tutto avviene nel nome della pittura, quella vera che attraversa i secoli. L’artista modenese, sempre pronto ad accettare le sfide, non è nuovo a incursioni del genere. Qualche anno fa si è confrontato con Raffaello, reinterpretando fra l’altro una sua grande opera, lo ’Spasimo di Sicilia’, per il Mart di Rovereto. Stavolta percorre ’un ponte tra l’oggi e il Seicento’, come lo definisce il direttore della Pinacoteca Lorenzo Lorenzini, spiegando che i legami sono evidenti: "Vaccari è un figurativo e concepisce il mestiere dell’arte in modo analogo al Guercino: non a caso disegna molto. E poi c’è assonanza nel colore, pieno e morbidissimo". Tutto ciò parte da lontano. "Ricordo bene – racconta Vaccari – i viaggi a Cento con l’amico Carlo Cremaschi, fin dagli anni Settanta, per visitare questo luogo magico. Studio da sempre il Guercino, unico al mondo con i suoi incarnati di un bianco burroso più veri del vero: un vero tattile, non fotografico. Nessun altro, nemmeno il principe del barocco Rubens, è arrivato a tanto".

Omaggiato l’antico maestro, c’è la sensibilità dell’artista moderno. "Mi sono divertito, partendo dalla Sibilla per costruire un racconto e cercando di rispettare i suoi colori, che sono un po’ anche i miei: il nero e il grigio, ad esempio". "E gli squarci viola sotto nubi dorate", aggiunge Lorenzini evocando un altro capolavoro del Guercino, ’L’Assunta’, ora esposto nella vicina pinacoteca San Lorenzo.

"Amo i personaggi – spiega l’artista modenese – che guardano un po’ altrove: la Sibilla non fa eccezione". Ma in primo piano la incalzano, in cerca di risposte, due piccole figure di spalle, ricorrenti nelle opere di Vaccari: "Li chiamo extraterrestri o extracomunitari, vengono da un luogo che non conosco, forse il mondo delle favole, e mi danno la possibilità di narrare qualcosa in più". Hanno una casacca gialla e blu, i colori della bandiera ucraina: in questo cupo periodo dovrà pur significare qualcosa. La sensazione è confermata dal bagliore di fuochi lontani che Vaccari inserisce a margine del dipinto più grande del ciclo – ’Incendio di borgo’ – riecheggiando a modo suo un affresco del Guercino, ben visibile in pinacoteca a pochi metri di distanza, in cui Enea fugge con il padre Anchise e il figlio Ascanio mentre Troia brucia.

Ma c’è dell’altro: la passione per i grandi enigmi della fisica, un ’pallino’ di Vaccari. Così cambia aspetto il ciondolo ornamentale della Sibilla guercinesca: spuntano una M e una Q, appunto meccanica quantistica. Come dire, tutto nel mondo è probabilistico. Lo intuì la scienza, molto si è avverato. ’Credo che il corto circuito funzioni’, chiosa l’autore. Intorno al nucleo centrale di dipinti a olio c’è un gruppo di disegni, tra cui spicca un ritratto del Guercino. "Si conoscono solo un paio di autoritratti ufficiali, forse non li amava perché era strabico. Così l’ho disegnato di profilo, senza bisogno dell’intelligenza artificiale: mi sembra davvero somigliante". La sintesi finale è affidata a Lorenzini, che descrive il dialogo tra Vaccari e il maestro centese con il motto ’a maggior gloria della pittura’, coniato da Vittorio Sgarbi proprio per il Guercino, evocando insieme l’arte del barocco e il recente ritorno al figurativo. "La distanza è grande, ma sono analoghi il virtuosismo tecnico e lo sguardo sul mondo".